venerdì 29 ottobre 2010

Sud Sudan, in attesa del referendum

Si terrà il 9 gennaio 2011 il referendum per l'indipendenza del Sud Sudan, un'area vasta quanto la Francia con circa 10 milioni di abitanti, che a seguito degli accordi di pace di Addis Abeba del 2005, e dopo 22 anni di guerra civile, chiederà alla popolazioni di pronunciarsi sull'indipendenza.
Mancano meno di tre mesi e la situazione è tutt'altro che tranquilla al punto tale che il segretario di stato degli Stati Uniti (il ministro degli esteri per noi) , Hillary Clinton, l'ha definita una "bomba ad orologeria". Mentre il governo di Khartoum, guidato da Omar Al -Bashir (incriminato per crimini contro l'umanità dal Tribunale Internazionale per il genocidio del Darfur - altra zona "calda" del Sudan e considerata la più grave emergenza umanitaria in corso nel pianeta) ha fatto sapere già, attraverso i suoi ministri, che non considera nemmeno l'idea di dividere il Paese e molti sostengono che di fatto il referendum non si svolgerà mai.

La storia del conflitto tra il nord e il sud del Sudan ha origini antiche e risale ad ancora prima dell'indipendenza (ottenuta nel 1956 dal codominio anglo-egiziano). La questione alla base, seppur non sufficiente a spiegare tutto, è la differenza religiosa tra le due parti. Mussulmana al nord, cristiana e animista al sud. Vi sono poi questioni etniche, ideologiche e la gestione delle risorse , il petrolio in primis. Nel Sud del Sudan si estrae l'80% del petrolio del paese, che è il terzo produttore di petrolio dell'Africa Sub Sahariana (dopo Angola e Nigeria) con oltre 24 milioni di tonnellate annue. Una prima parte del conflitto durò fino al 1972, quando l'allora presidente del Sudan Nimeiri (salito al potere con un golpe nel 1969) firmò il 27 febbraio 1972 un accordo con il sud del paese concedendo un'ampia autonomia. Vi fu un decennio di relativa pace e dal 1983 (quando fu revocata l'autonomia al Sud e instaurata la legge islamica in tutto il paese) al 2005, ventidue anni di guerra che hanno causato 2 milioni di morti.
Da una parte il governo di Khartoum (l'attuale presidente, Omar Al-Bashir è diventato capo di stato con un golpe 1989), che aveva il supporto di Francia e successivamente della Cina. Al fianco di Al Bashir vi è sempre stato (fino a pochi mesi orsono quando questo rapporto si è rotto) quello che molti ritengono il leader "occulto" del paese, ovvero Hassan Al Turabi, guida spirituale del Fronte Nazionale Islamico, che ha studiato in Inghilterra e Francia tra la fine degli anni '50 e gli inizia degli anni '60. Dall'altra la SPLM (Sudan People Liberation Movement) e soprattutto il suo braccio armato SPLA (Sudan People Liberation Army), nato nel 1983 ad opera del col. JohnGareng (che morirà il 30 luglio 2005, pochi mesi dopo l'accordo di pace in un incidente di elicottero, quando era vice-presidente del Sudan) e appoggiata da Stati Uniti e Inghilterra.
Dal 1991 al 1996 il Sudan fu la patria di Osama bin Laden (da cui venne espulso nel 1996) e pare luogo di addestramento e organizzazione della rete islamica integralista dello sceicco arabo. Le tensioni con gli Stati Uniti sono sempre state evidenti al punto tale che il 20 agosto 1998, come ritorsione contro gli attentati alle ambasciate di Nairobi e Dar El Salam, gli USA lanciarono alcuni missili da crociera su di una fabbrica farmaceutica alla periferia di Khartoum (salvo poi ammettere che vi fu un errore).

Nell'avvicinarsi al referendum - oltre agli storici ostacoli - vi sono altre due questioni che complicano la vicenda. La prima riguarda la regione petrolifera di Abyei la cui definizione dei confini, stabiliti recentemente (luglio 2009) dalla Corte permanente per l'arbitrato dell'Aia, continua a creare fortissime tensioni. L'altra è la regione dei Monti Nuba (abitata dai Nuba), che pur non partecipando al referendum di gennaio 2011, è da sempre controllata dal Sud.

Intanto nella capitale del Sud, Juba, ci si prepara. Quella che era una cittadina con edifici fatiscenti si sta rapidamente trasformando. Sono giunti in città investitori da tutto il mondo, le organizzazioni internazionali e le ONG. L'aereoporto di Juba (il nuovo terminal è in costruzione dal 2007) in poco tempo è diventato uno dei più trafficati dell'East Africa. Le banche d'affari africane sono sbarcate. Cosa c'è di più appetitoso di una città che si appresta a diventare la capitale di una ricca regione petrolifera, dopo 40 anni di conflitto? Intanto il presidente della regione autonoma (e futuro stato) Silva Kiir, fondatore assieme a Garang della SPLA nel 1983 e a lui subentrato dopo la sua morte, forte della sua elezione con il 93% dei voti nel 2010, si appresta a diventare il 54° Capo di Stato Africano.


Per un approfondimento vi rimando ad esempio a questa dettagliata analisi di Fulvio Beltrami, al sito SOSA-South Sudan Analysys, oppure al documentario prodotto da Repubblica TV andato recentemente in onda (fatto da Pietro Del Re), oppure agli articoli di Secondo Protocollo che segue costantemente l' evolversi della situazione, oppure la Campagna Italiana per la Pace in Sudan.

E' fondamentale che la comunità internazionale e l'opinione pubblica siano vigili su quello che succederà nei prossimi giorni, il pericolo (sempre più evidente) di una nuova guerra, di un nuovo genocidio è alle porte. Le divisioni in ambito internazionali sono palesi. Tra chi vorrebbe rinviare il referendum di qualche anno, chi teme che la questione Sud Sudan sia un grave precedente per tutta l'Africa (quindi da evitare), chi chiede l'intervento delle forze delle Nazioni Unite ( che si sono già espresse declinando l'invito) e di chi è sostiene che la guerra è inevitabile.
Da parte mia ho inserito un "conto alla rovescia" su questo blog, che segnala il tempo che ci separa dal 9 gennaio 2011, spero possa arrivare alla fine.

Aggiornamento del 9 gennaio 2011

2 commenti:

Fulvio Beltrami ha detto...

Caro Gianfranco,

Ti ringrazio di aver citato il mio articolo sul Sud Sudan.

Fulvio

Della Valle Gianfranco ha detto...

Caro Fulvio,
grazie a te per averlo scritto. Mi sembrava giusto rimandare ad un'analisi sulla situazione seria come la tua.
Ciao Gianfranco

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