tag:blogger.com,1999:blog-90832995966628819742024-03-16T09:45:12.965+01:00Sancara - Blog sull'AfricaGianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.comBlogger937125tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-69455728055802436332024-01-16T11:36:00.002+01:002024-01-16T11:36:57.534+01:00Il 16 gennaio 2006, Ellen Johnson Sirleaf è la prima donna Capo di Stato in Africa<p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il 16 gennaio 2006 quando <b>Ellen Johnson Sirleaf</b> assunse i poteri di Presidente e Capo dello Stato in Liberia, fu decisamente una data storica per l'Africa e per il nostro Mondo. Si trattava infatti della prima donna della storia ad essere Capo dello Stato in un Paese africano</span></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"></p><div class="separator" style="background-color: white; clear: both; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJtvSVpCADqT091ocC8D8PWKjnSag6J6W1O_h3nZUIjoS3bvK_hjA1-MEvN2GiBumfYkWGTvVSpoY6bqQZcZz279Hy8Bvsxi08u9ZyO6KOMGO3a0cGEcits2t_Zyt3ZXFOSkD5OHPoeScdU-tQ_Nve5QlUoK7krJJPlM_HdvtPqTE2KiH04BnXlW-QIwzy/s640/sirleaf.jpg" imageanchor="1" style="color: #3778cd; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-decoration-line: none;"><img border="0" data-original-height="459" data-original-width="640" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJtvSVpCADqT091ocC8D8PWKjnSag6J6W1O_h3nZUIjoS3bvK_hjA1-MEvN2GiBumfYkWGTvVSpoY6bqQZcZz279Hy8Bvsxi08u9ZyO6KOMGO3a0cGEcits2t_Zyt3ZXFOSkD5OHPoeScdU-tQ_Nve5QlUoK7krJJPlM_HdvtPqTE2KiH04BnXlW-QIwzy/w400-h288/sirleaf.jpg" style="background: transparent; border-radius: 0px; border: 1px solid transparent; box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.2) 0px 0px 0px; padding: 8px; position: relative;" width="400" /></a></div><p><br style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;" /><span style="background-color: white; color: #444444; font-family: verdana; font-size: 13px;">La Johnson-Sirleaf, economista e imprenditrice, è nata nel 1938 a Monrovia, la capitale della Liberia ed è stata <b>Presidente dal 2006 al 2018</b>.</span></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px;"></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Nel <b>2011</b> ha vinto, assieme a Tawakkul Karman e Leymah Gbowee, il <b>Premio Nobel per la Pace</b> "<i>per la battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e dei loro diritti</i>".</span></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Una delle prime azioni di governo di Ellen Johnson è stata quella, nel 2007, di rendere obbligatoria e gratuita l'educazione primaria per ogni bambino della Liberia.</span></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La Johnson è stata protagonista privilegiata di una delle più sanguinose guerre civili (e forse la meno raccontata e conosciuta), quella che ha visto protagonista il criminale (condannato dalla Corte Internazionale a 50 anni di reclusione per crimini contro l'umanità), <a href="http://www.sancara.org/2012/05/charles-taylor-un-criminale.html">Charles Taylor</a> che dal 1989 al 1997 insanguinò il Paese.</span></p><p style="background-color: white; color: #444444; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13px; text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Per conoscere meglio la storia di Ellen Johnson Sirleaf, consiglio la lettura di "<i><a href="http://www.sancara.org/2013/08/libri-un-giorno-sarai-grande.html">Un giorno sarai grande</a></i>", scritto da lei e pubblicato nel 2012 da Add Editore, dedicato a "<i>alla memoria delle innumerevoli donne il cui impegno e sacrificio non sarà mai riconosciuto, ma che con le loro battaglie private e silenziose, hanno contribuito a lasciare un'impronta profonda e silenziosa nel mondo</i>".</span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-38590620602356306572023-04-25T09:13:00.001+02:002023-04-25T09:18:36.682+02:00Tunisia sull'orlo del collasso<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La Tunisia è il Paese africano più vicino all'Italia. Circa 140 chilometri per giungere in Sicilia (senza contare Pantelleria che è ancora più vicina), circa 170 chilometri per giungere in Sardegna. E' evidente che questa vicinanza geografica pone la Tunisia come un partner commerciale importante e strategico. Il gasdotto Transmed, costruito tra il 1978 e il 1983 e dedicato ad Enrico Mattei, collega appunto l'Algeria, attraverso la Tunisia, a Mazara del Vallo. Quest'ultima caratteristica, all'interno della crisi russo-ucraina e della necessità di sostituire il gas russo con quello proveniente dall'Algeria, pone la Tunisia al centro delle questioni geopolitiche attuali. Inoltre oggi le rotte migratorie verso l'Europa passano dalle coste tunisine.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La Tunisia è anche uno splendido Paese, sede di cultura storica mediterranea, di arte, di bellezza. E'stato un Paese turistico la cui industria è stata completamente azzerata dalle scelte politiche e poi dal Covid.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La Tunisia è oggi al limite del collasso. La situazione politica e quella economica, sono al limite di un punto di rottura e il rischio guerra civile appare del tutto che remoto e secondo molto osservatori inevitabile.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIYIIsZ-1iAivFn0c2eS0XDBRz9KaiykxyiBwN-1cSyUDFJVbD53gyRxamActU4cKlVtvqgYqDBgOj5JRzMnnhUit7WodP2RmnEJsyxgqJXNxPKEJs02zw941ZYCPZ0pgS_kZkyFFYhr-vEHMZn5KhVNHNjQnaM_5kTYFCTK9dVSthOqN3hM-bnLtnKQ/s1536/Agenzia_Fotogramma_IPA29739336-1536x1025.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1025" data-original-width="1536" height="268" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiIYIIsZ-1iAivFn0c2eS0XDBRz9KaiykxyiBwN-1cSyUDFJVbD53gyRxamActU4cKlVtvqgYqDBgOj5JRzMnnhUit7WodP2RmnEJsyxgqJXNxPKEJs02zw941ZYCPZ0pgS_kZkyFFYhr-vEHMZn5KhVNHNjQnaM_5kTYFCTK9dVSthOqN3hM-bnLtnKQ/w400-h268/Agenzia_Fotogramma_IPA29739336-1536x1025.jpg" title="Foto dalla rete" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /><div style="text-align: justify;">La Tunisia, nel 2011, era stata la protagonista e in qualche modo la scintilla che aveva dato il via, attraverso la cosiddetta "<a href="http://www.sancara.org/2011/01/tunisia-la-rivolta-della-rete-vince-per.html">rivolta del pane</a>" a quella che è universalmente nota come "primavera araba". Oggi a distanza di oltre 12 anni la situazione tunisina è giunta al capolinea. In questi anni si sono succeduti sei Presidenti, nove Primi Ministri e undici governi, segno di una instabilità politica estrema. Kais Saied, l'attuale Presidente in carica dal 23 ottobre 2019, giurista, costituzionalista e docente universitario, è stato eletto grazie alla sua indipendenza e sobrietà. Nel 2021, con con una svolta autoritaria, esautora il Parlamento, impone una Costituzione (2022) che accentra il potere sul Presidente e avvicina la Tunisia al mondo islamico. Ha sciolto il Consiglio Superiore della Magistratura istituendo tribunali militari. Ha escluso i partiti politici dal Parlamento (quello attuale è stato votato nel 2022 dal 12% della popolazione). Ha iniziato a perseguitare oppositori e giornalisti.</div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La crisi economica che ne è derivata (alcuni generi alimentari di primaria importanza sono aumentati anche del 25%) ha reso ancor più povera la popolazione e indotto gran parte delle multinazionali a lasciare il Paese ed andare nel più stabile Marocco.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Recentemente (il 21 febbraio 2023) <b>Saied ha incolpato i migranti subsahariani che "hanno invaso il Paese" e che "minacciano l'integrità araba e islamica" ordinando di fatto una massiccia espulsione </b>di Maliani, Senegalesi, Ivoriani e Guineiani (solo nei primi mesi del 2023 ne sono sbarcati oltre 18.000 in Italia, nello stesso periodo del 2022 erano stati 1.800). <b>Il razzismo viscerale dell'Africa araba contro l'Africa Nera è cosa nota a tutti</b> (e dovrebbe far riflettere i governi europei quando fanno accordi con governi o presunti tali del Maghreb - l'ultimo proprio con la Tunisia da parte del governo italiano). Inoltre in una recente inchiesta il 65% dei tunisini ha dichiarato di voler andar via dal Paese (il 90% sono giovani sotto i 30 anni).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRKNxJkz09TIMeLWUkcoF5cfDKLl-Iclw7FG2TdAUx-WwFH1IbiQu-BCcSJ2KZQjWH9TwjoXT8Xm24DWQufRTV3npjazZXqA84CzelY8WTXfJOPzRVAYXOTh8rJKXTT_iAMvsEc1qDoOkjByjoUbiInlE17gIuDt8dmn-WnM1aXTYy8xSSeHNNW9o5Iw/s770/Tunis2jpg.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="770" height="416" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRKNxJkz09TIMeLWUkcoF5cfDKLl-Iclw7FG2TdAUx-WwFH1IbiQu-BCcSJ2KZQjWH9TwjoXT8Xm24DWQufRTV3npjazZXqA84CzelY8WTXfJOPzRVAYXOTh8rJKXTT_iAMvsEc1qDoOkjByjoUbiInlE17gIuDt8dmn-WnM1aXTYy8xSSeHNNW9o5Iw/w640-h416/Tunis2jpg.webp" width="640" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /><div style="text-align: justify;">Infine, a mettere la ciliegina sulla torta, ci pensano, come sempre, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale che bloccano un prestito alla Tunisia di 1,9 miliardi dollari, condizionandolo alle riforme economiche. Riforme, che come oramai da ricetta collaudata, che ha generato solo ingiustizie e tensioni, prevede taglio della spesa pubblica (in particolare dei sussidi, della scuola, della sanità e innalzamento dell'età pensionabile) e privatizzazioni. <b><span style="color: red;">Insomma il copione già ampiamente visto in Africa Subsahariana (e in altri luoghi del Pianeta) si ripete con imbarazzate similitudine.</span></b></div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ma, la cosa più preoccupante, è che si ripete anche l'altro copione. Così come con la Libia non si è potuto mai interrompere il flusso di gas proveniente da quel Paese (arricchendo così milizie, para-milizie, sciacalli e presunti leader), così come l'indipendenza energetica dalla Russia non è a breve possibile, così sarà in Tunisia, dove a dispetto di quello che accadrà (molti analisti come detto prevedono il peggior scenario possibile), il gas continuerà ad arrivare a Mazara del Vallo! <span style="color: red;">"<i>Show must go on</i>" cantava Freddy Mercury e parafrasando uno dei più reali politici italiani di questo secolo, Chetto Laqualunque, "<i>intu 'o culo ai disgraziati</i>".</span></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><i><br /></i></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><i>*Le fotografie sono tratta dalla rete Internet</i></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-79229154008855493802023-04-23T15:00:00.004+02:002023-04-23T15:09:27.857+02:00Il Sudan (ri)sprofonda nel caos<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il Sudan non è mai stato un luogo tranquillo dell'Africa. Da ancor prima della sua <a href="http://www.sancara.org/2015/01/1-gennaio-1956-sudan.html">indipendenza</a>, avvenuta il 1 gennaio 1956 (da un'amministrazione congiunta tra Gran Bretagna ed Egitto), il Paese è stato sconvolto da sanguinose guerre civili, da rivalità religiose, da interessi economici contrastanti, da colpi di stato, da dittature, da carestie, da violenze inaudite e da, più o meno consensuali, divisioni territoriali.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnBFMprWR6CErIjio8zZMrFEj4hIEy_pZ4SkPQhV_i28zaqwLaMES8cgYbT4o17Yk85Yy2tumKtkuQdIWtw-lRaQs068zUZ-W8HZbmz1V42cVvJPVT9axPAxEuzkV7z-vG16NalPbMHQj2JBGtzUQf6i04BK6iHSQjZbC7q6DZhlx179FejExjKdhTCA/s904/163.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="591" data-original-width="904" height="418" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnBFMprWR6CErIjio8zZMrFEj4hIEy_pZ4SkPQhV_i28zaqwLaMES8cgYbT4o17Yk85Yy2tumKtkuQdIWtw-lRaQs068zUZ-W8HZbmz1V42cVvJPVT9axPAxEuzkV7z-vG16NalPbMHQj2JBGtzUQf6i04BK6iHSQjZbC7q6DZhlx179FejExjKdhTCA/w640-h418/163.png" width="640" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /><br /><div style="text-align: justify;"><b style="font-weight: bold;">Due guerre civili</b> (1955-1972 e 1983-1998)<b style="font-weight: bold;">, una serie di colpi di stato</b><b style="font-weight: bold;">, </b>tra cui quello del 30 giugno 1989 che porta al potere il colonnello Omar Al Bashir (destituito dal furore popolare dopo<b style="font-weight: bold;"> 30 anni di scellerata dittatura</b><b> </b>l'11 aprile 2019), il<b> </b><a href="http://www.sancara.org/2010/10/sud-sudan-in-attesa-del-referendum.html" style="font-weight: bold;">referendum del gennaio 2011</a><b> c</b>he ha portato, alla <a href="http://www.sancara.org/2012/07/9-luglio-2011-il-sud-sudan-e.html" style="font-weight: bold;"><b>nascita del Sud Sudan</b></a><b style="font-weight: bold;"> </b>(il 9 luglio 2011), il 54° Stato africano, <b style="font-weight: bold;">l'ospitalità data dal 1991 al 1996 al terrorista saudita Bin Laden </b>e il <a href="http://www.sancara.org/2010/09/darfur-la-piu-grave-crisi-umanitaria.html" style="font-weight: bold;"><b>conflitto del Darfur</b></a><b> </b>(in realtà un vero è proprio genocidio) che dal 2003 al 2020 ha restituito al mondo l'immagine di una delle più grandi, e ignorate, crisi umanitarie del Pianeta. Tutti questi elementi, se approfonditi, portano ad affermare, senza esitazione che siamo difronte ad una delle aree più calde del nostro mondo.</div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Eppure, quando nel <b>2019</b> fu destituito dopo 4 mesi di proteste popolari Omar Al Bashir, accusato e con un mandato d'arresto fin dal 2008 dalla Corte Internazionale per crimini contro l'umanità, sembrava essersi acceso uno spiraglio di luce nel Paese. Gli anni di governo democratico, con tutti le sue difficoltà, avevano iniziato a dare piccolissimi - <b>ma veramente importanti - segnali</b>. Abolita la pena di morte per omosessualità, rese illegali le mutilazioni genitali femminili, rimosso l'obbligo del velo, resa illegale la fustigazione pubblica per le donne e cancellato il divieto di consumo di alcolici per i non mussulmani.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Il <b>25 ottobre 2021</b>, un colpo di stato messo in atto da due ex fidi militari di Al Bashir, pone fine ad ogni possibile democratizzazione del Paese. Il generale <b>Abdel Fattah al-Burhan</b> si pone alla guida del Paese assieme al suo vice <b>Mohamed Hamdan Dagalo </b>detto <b>Hemedti</b> (conosciuto per essere stato uno dei carnefici del Darfur e per aver combattuto con il suo esercito, il Rapid Support Forces - RSF come mercenario nella guerra dello Yemen e in Libia).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b><br /></b></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb1_Oqn3-AEhTd_lCfPyt45SriutCj6YFu3p-ww4eliAe2c32zIwRNUFzffRMqWeWQobm3bcuftInlhG0pQYSF8IUXi5nVKVhAoQ8RV7fjDDgU53WkgDiZuJHnbJa_zWigESfzE4Q0Q1_1pQNG8V-ViXYsfUTf7vRbEgGBnG0q41qtEt_oAeFzjkUIZw/s750/sudan_battaglia_afp.jpeg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="518" data-original-width="750" height="442" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjb1_Oqn3-AEhTd_lCfPyt45SriutCj6YFu3p-ww4eliAe2c32zIwRNUFzffRMqWeWQobm3bcuftInlhG0pQYSF8IUXi5nVKVhAoQ8RV7fjDDgU53WkgDiZuJHnbJa_zWigESfzE4Q0Q1_1pQNG8V-ViXYsfUTf7vRbEgGBnG0q41qtEt_oAeFzjkUIZw/w640-h442/sudan_battaglia_afp.jpeg" width="640" /></a></span></div><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La luna di miele tra i due uomini forti del Paese è durata veramente poco. Già nell'ottobre 2022 Dagalo ha dichiarato fallito il golpe del 2021. L'African Development Bank ha stimato l'inflazione del Paese al 246% mentre crescono le proteste delle popolazione le cui condizioni economiche sono, se è possibile, peggiorate. Inondazioni nel Sud e crisi alimentare (provocata anche dalla guerra in Ucraina) hanno finito con mettere letteralmente in ginocchio gran parte dei 40 milioni di abitanti del Sudan.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Infatti nel giugno 2022, il Centre for Advanced Defence Studies (C4ADS) ha pubblicato un Report, <b><a href="https://c4ads.org/reports/breaking-the-bank/">Breaking the Bank</a> </b>in cui si evidenzia come in Sudan esista un vero e proprio Stato parallelo (deep state) che controlla l'economia del Paese dove con molta chiarezza si evince che oltre 400 entità (tra aziende e società finanziarie del Paese) sono controllate dall'elite militare, ed in particolar modo proprio da vice-presidente Degalo (considerato uno degli uomini più ricchi del Paese), rendendo evidente la scelta del governo militare di mantenere lo status-quo. In particolare l'estrazione del petrolio e soprattutto dell'oro, sono il punto di maggior concentrazione degli interessi economici.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>Insomma, ad essere onesti, niente di nuovo anche in altre zone del Pianeta. Si governa ponendo grande attenzione in primo luogo ai propri interessi.</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Da alcune settimane i due pretendenti al potere sono usciti allo scoperto e si sono apertamente sfidati in un conflitto armato, sfruttando anche apparenti divisioni nel computo delle alleanze: <b>Al-Burhan</b> vicino sempre di più ai movimenti islamici integralisti e all'Egitto di al-Sisi e <b>Dagalo</b> che cerca di accreditarsi con gli Stati Uniti attraverso movimenti filantropici. Entrambi vantano legami con la Russia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Pace e stabilità, così come le conquiste democratiche, si allontanano velocemente per gli oltre 40 milioni di sudanesi, che ancora una volta vedono allontanarsi le opportunità di sviluppo, in un Paese ricco di risorse in mano ad una cricca di militari e faccendieri. Il rischio di una nuova e sanguinosa guerra civile è alle porte. Quello del Sudan rischia di diventare l'ennesimo conflitto nel mondo, capace di creare nuove e preoccupanti crisi umanitarie.</span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-88028064933713905452021-10-02T10:04:00.000+02:002021-10-02T10:04:18.525+02:00Una speranza che arriva dall'Africa<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Abbiamo distrutto il nostro Pianeta. Su questo credo sia molto difficile sostenere il contrario. Gli effetti sulla vita quotidiana, che alcuni decenni fa, sembravano a lunga scadenza, probabilmente consegnati irresponsabilmente alle future generazioni, sono oggi evidenti e minacciano seriamente la vita di milioni di individui.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Potremmo discutere a lungo, sulle responsabilità, politiche, economiche e scientifiche che hanno prodotto questo disastro ma, al netto di assolvere (pochi) e condannare (molti) non ci porterebbe molto lontano. <b>Hanno ragione le giovani generazioni, il tempo del blah blah, è finito.</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Tra gli attivisti che oggi stanno provando ad incidere sulle scelte che si faranno, oggi, non tra un secolo, vi è una giovanissima ragazza ugandese, <b>Vanessa Nakate</b>.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7SEM9I9N5vgsnEWNl-LG3XxxzeuAj8dQ9mw7Rk5a1NJcVnw1aVvtRh3DvoQQ6D3anibXQofoiq0iL8Y22Fv52YISfRYGTDR2-fnzSaRKpPAFIONYI9Jzll_BVlk4D1NrQ57H9ivgYfN6Q/s1080/Vanessa_Nakate_1_small.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="810" data-original-width="1080" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7SEM9I9N5vgsnEWNl-LG3XxxzeuAj8dQ9mw7Rk5a1NJcVnw1aVvtRh3DvoQQ6D3anibXQofoiq0iL8Y22Fv52YISfRYGTDR2-fnzSaRKpPAFIONYI9Jzll_BVlk4D1NrQ57H9ivgYfN6Q/w400-h300/Vanessa_Nakate_1_small.jpg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;">Vanessa, 25 anni a breve, è nata a Kampala, figlia di politico locale, si è laureata in Economia Aziendale alla Mekerere University Business School di Kampala (Università pubblica ugandese) ha abbracciato le cause dell'ambientalismo e dei Fridays For Future nel 2019. Quest'ultimo fatto e la lenta sua ascesa tra i giovani leaders mondiali del movimento dovrebbe farci comprendere la forza e l'universalità di questo movimento, da molti rilegato, con la solita supponenza dei "grandi", a gioco di ragazzini.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">E il suo inizio è stato quello che oramai ci siamo abituati a vedere. Scesa in strada una domenica, davanti al Parlamento ugandese, assieme ai suoi fratelli, con dei cartelli inneggianti l'ambiente, quasi in solitudine, in breve tempo dopo aver partecipato a tutti i Fridays for Future, ha fondato <b>Fridays for Future Africa</b>.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">L'Africa, come lei stessa ha affermato, "<i>è responsabile solo del 3% delle emissioni di anidride carbonica, ma subisce molto di più le conseguenze</i>".</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">In poco tempo la sua voce e la conseguente ascesa nel movimento, attivano molti giovani africani, da troppo tempo lasciati ai margini delle decisioni e fino oggi incapaci di far sentire il proprio peso (in Africa, ricordiamolo, vi sono le nazioni con il più alto numero di giovani e giovanissimi).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ma Vanessa ha saputo imporsi anche grazie alla sua determinazione. Per lei giovane, africana e nera, le difficoltà sono molte di più. E quanto a gennaio 2021, durante il World Economic Forum di Davos, le agenzie di stanza tagliarono il suo volto dalla foto delle cinque attiviste (oltre a lei, le svedesi Greta Thunberg e Isabelle Axelsson, la tedesca Luisa Naubauer e la svizzera Loukina Tille), non si è persa d'animo e grazie ai social (Facebook e Twitter) ha saputo reagire e attaccare a suo modo al motto "<i>Now is the time to listen the the Africa voices!</i>". L'offesa non era verso di lei, ma verso tutto il continente! Grande Vanessa!</span></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdxAITWinpnzxZjVDRUGMyM2EBVL4mv1J4Ci2WaRybTn2rIUJbL1htvDCQxOqJw9X_1N1ZZ61FT1jrq71sxfJt0iTysWzl1U6ui0YM1u_9jo0bEawI1GPtUGpRqNhZ5582qxsJcGPEYG9m/s1200/5397+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1200" height="384" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjdxAITWinpnzxZjVDRUGMyM2EBVL4mv1J4Ci2WaRybTn2rIUJbL1htvDCQxOqJw9X_1N1ZZ61FT1jrq71sxfJt0iTysWzl1U6ui0YM1u_9jo0bEawI1GPtUGpRqNhZ5582qxsJcGPEYG9m/w640-h384/5397+%25281%2529.jpg" width="640" /></a></div><br /><span style="font-family: verdana;">Non ci sono dubbi, il futuro del nostro Pianeta è nelle loro mani. Lo scetticismo rispetto ai potenti della Terra è assolutamente condivisibile e sottoscrivibile in ogni parte. Oltre 40 anni di costosissime conferenze, di obiettivi puntualmente disattesi di e idee per il futuro, senza intervenire minimamente alla radice delle cause che stanno alla base del disastro, non possono essere più tollerare. Permettere che le grandi nazioni, ad esempio, possano acquistare dai Paesi poveri le loro quote di emissione di gas nell'ambiente (in modo da non intervenire sui processi produttivi dei ricchi), è qualcosa che grida vendetta da qualsiasi parte lo si osservi! E' il frutto del fallimento di una generazione (la nostra e quella prima di noi) che ha pensato esclusivamente a propri interessi, consegnando al futuro, un mondo dove vivere (naturalmente, per ora, non nella nostra parte) è diventato sempre più difficile se non impossibile.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>Ascoltando Vanessa, leggendo i suoi interventi, osservando la passione e l'amore per un'intero continente, non può che tornarmi alla mente, le analoghe passioni di tanti leaders africani del passato, tra cui colui al quale ho dedicato questo blog, Thomas Sankara, il cui pensiero era sempre dedicato al suo popolo, alla sua Africa. A loro fu tappata la bocca sul nascere e per sempre. Oggi tenteranno in tutti i modi, sicuramente con altri mezzi, di fare altrettanto. </b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><br /></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-48850305556351703112021-08-17T09:59:00.000+02:002021-08-17T09:59:00.895+02:00Due nuovi siti Patrimonio dell'Umanità in Africa<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Si è recentemente concluso in Cina l'annuale Assemblea (la 44° per la precisione) del Comitato per i Siti Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO. Quest'anno (lo scorso anno il meeting era stato sospeso a causa della pandemia), sono state analizzate le proposte di iscrizione del 2020 e del 2021.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Quest'anno sono stati inscritti complessivamente (2020-2021) <b>34 nuovi siti</b>. Di cui 29 culturali e 5 naturali. Inoltre sono state fatte delle modifiche territoriali importanti a 4 siti già presenti della lista (in genere estensioni del territorio protetto).</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Complessivamente - a partire dalla storica sottoscrizione della Convenzione (1972) e della prima lista (1978)- sono 1234 i siti Patrimonio dell'Umanità nel Mondo, appartenenti a 167 Paesi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">L'Africa - rappresentata con 147 siti in 35 Paesi - ha visto <b>due nuove iscrizioni</b> </span><span style="font-family: verdana;">(una nell'area culturale e l'altra nell'area naturalistica)</span><span style="font-family: verdana;"> alla lista. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Essi sono:</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZ8AKE8N2pJofcDqp2_lp_vOWeCGpkbKc9rPPvrB0iMmuB9L59oRzmdNp1p_PeHx4r4IHIeKrz8dMD-et82Dn9ezoemcsg1YpQUJA5j2kTErKkUqZKD2nxqmqDkM6-GydCjQWzzrAw2OdC/s310/download.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="163" data-original-width="310" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZ8AKE8N2pJofcDqp2_lp_vOWeCGpkbKc9rPPvrB0iMmuB9L59oRzmdNp1p_PeHx4r4IHIeKrz8dMD-et82Dn9ezoemcsg1YpQUJA5j2kTErKkUqZKD2nxqmqDkM6-GydCjQWzzrAw2OdC/w400-h210/download.jpeg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;">- <b>Le moschee in stile sudanese del nord della Costa d'Avorio -</b> ovvero 8 strutture risalenti al XIV Secolo nella città di Djennè, quando era parte dell'Impero del Mali. Rappresentano un'importante testimonianza della rotta commerciale trans-sahariana.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKkRSyhOp659pN7Pod5bVOC5Cmt61QFYPbbtMxF8WugpGQTpmzhNKiq17WRytO6wgv5fUeNuLN8gpm7B-O5E8eeo1Hom04s6QV654Hlpn6AxrQXYfay4sXjDkeYjmx1T30CusOSq3eMx2l/s512/unnamed.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="339" data-original-width="512" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKkRSyhOp659pN7Pod5bVOC5Cmt61QFYPbbtMxF8WugpGQTpmzhNKiq17WRytO6wgv5fUeNuLN8gpm7B-O5E8eeo1Hom04s6QV654Hlpn6AxrQXYfay4sXjDkeYjmx1T30CusOSq3eMx2l/w400-h265/unnamed.jpg" width="400" /></a></div><span style="font-family: verdana;">- <b>Il Parco Naturale di Ivindo nel Gabon - </b>un'area di circa 300 mila ettari, diventato Parco nel 2002 e caratterizzato da foresta pluviale, fiumi (l'omonimo) e lagune, che ospita specie in pericolo, tra cui coccodrilli, elefanti, gorilla.</span><p></p><br /><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Gli approfondimenti sui Patrimoni dell'Umanità africani sono disponibili nella <a href="http://www.sancara.org/p/patrimoni-umanita.html">pagina dedicata di Sancara</a>.<br /><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-66604964812154709622021-07-21T10:03:00.001+02:002021-07-22T15:10:02.851+02:00Capo Delgado, il disastro ancora prima di iniziare<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Commentando i fatti che portarono il <a href="http://www.sancara.org/2011/10/4-ottobre-1992-e-fatta-la-pace-in.html">4 ottobre 1992</a> alla storica firma degli accordi di pace in Mozambico nel 2011, a quasi 20 anni dall'accordo mediato a Roma dalla Comunità di Sant'Egidio, ebbi modo di scrivere come "l<i>'assenza di risorse interne da sfruttare (contrariamente all'Angola) e con cui continuare a pagarsi la guerra, ha favorito la distensione e la pace. Una pace indicata spesso come modello che ha consentito una stabilità politica e che fanno oggi, del Mozambico, un Paese povero, ma in costante crescita.</i></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Oggi, 10 anni dopo, quelle parole hanno un valore diverso.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div style="text-align: left;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnKu6bXWkBzMqUYb4cqQH6hJV_WYiiq_HuEUCR6K9cwWbgAAqaBOSoRomMUSP7FZGl0DALU1lPuRfj9uarhyY4TTz8OV74yrLhQEn3kN_IkwicunIk3yL1RLRUZvvJXyUgT_fpCTtfuiHw/s640/154271-sd.png" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="immagine tratta dalla rete" border="0" data-original-height="633" data-original-width="640" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnKu6bXWkBzMqUYb4cqQH6hJV_WYiiq_HuEUCR6K9cwWbgAAqaBOSoRomMUSP7FZGl0DALU1lPuRfj9uarhyY4TTz8OV74yrLhQEn3kN_IkwicunIk3yL1RLRUZvvJXyUgT_fpCTtfuiHw/w320-h316/154271-sd.png" width="320" /></a><span style="font-family: verdana;"></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Nell'estremo nord-est del Mozambico, in una provincia chiamata Capo Delgado (che il 25 settembre 1964 fu la base di partenza del Frelimo per la guerra contro i portoghesi), al confine con la Tanzania, nel 2010 e nel 2013 sono stati scoperti grandi giacimenti di gas naturale e per il Paese sono iniziati i problemi. Si tratta di oltre 5 mila miliardi di metri cubi di gas, tra le prime dieci riserve del mondo. Quella che alcuni storici chiamano la "maledizione delle materie prime" si è abbattuta pesantemente sul Mozambico e sulla sua popolazione. Una popolazione composta principalmente da agricoltori, pescatori e qualche minatore (perchè nell'area vi sono anche dei giacimenti di pietre preziose e minerali, soprattutto rubini e grafite), da sempre economicamente arretrata. </div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I progetti per estrazione (si parla di un affare da 150 miliardi di euro, ovvero otto volte il PIL dell'intero Paese, con un investimento di 20) sono affidati principalmente alla francese Total (in compagnia anche con l'italiana ENI e l'americana Exxon). Il debito pubblico creato dallo stato mozambicano per sostenere l'estrazione, i danni ambientali annunciati (su questo si vedano i rapporti di <a href="https://www.foei.org/resources/gas-mozambique-france-report">Friends of teh Earth</a>) e l'effetto devastante sulle popolazioni hanno, in pochi anni, generato violenze e conflitti che, ancora prima dell'inizio delle estrazioni vere e proprie (previste tra il 2022 e il 2023), hanno finito per destabilizzare il Paese.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8D5X85GNOVkxuSh9RSd1bWWgPZUMxSKP0GmFhAhP3ad44sIAVRaEgAbdCSVD7BwhjTAXHL3DvxYe1huBbYwJC9flmMw7pMBORZf1XW9DdO_g-qptG466RxBRd88P8d4tzM9L3M-CbZhAr/s720/armati-mozambico.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="720" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj8D5X85GNOVkxuSh9RSd1bWWgPZUMxSKP0GmFhAhP3ad44sIAVRaEgAbdCSVD7BwhjTAXHL3DvxYe1huBbYwJC9flmMw7pMBORZf1XW9DdO_g-qptG466RxBRd88P8d4tzM9L3M-CbZhAr/s320/armati-mozambico.jpg" width="320" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">A partire dal 2017 è in corso un'insurrezione armata determinata dalla marginalizzazione socio-economica e dall'esclusione della comunità locale che si è vista lentamente sfilare qualsiasi beneficio dallo sfruttamento delle risorse e che ha visto l'immediata infiltrazione da parte di forze di movimenti jihadisti (sia locali che internazionali) che hanno cavalcato il malcontento popolare e fomentato la rivolta. Certo le responsabilità non sono solo all'esterno.</div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Le popolazioni locali - in realtà intere comunità - utilizzavano i terreni statali per la loro economia di sussistenza. Sono state letteralmente sfrattate con la forza dallo Stato per concedere i terreni a società private per la ricerca dei rubini. Gli attivisti sostengono che il governo abbiano venduto le ricchezze agli stranieri e escludendo le popolazioni locali e questo, ancor più dell'islamismo radicale, è la causa principale degli scontri. Il reclutamento di molti giovani alla causa radicale è solo il frutto di scellerate scelte del governo mozambicano.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmUbX2FKobzt7GMjw0vf4HBJ1odL83Rqg1I59Nx9IhUKGEtPsbXrGZeDed9YPh3966uw_ul8sK-Fh5CBhKHDVt9z7l4RbUGtrn2A_x9lhhzsPsDnUVr3nOSDEa580Zu2EQWATqpH59yRwW/s500/cq5dam.thumbnail.cropped.500.281.jpeg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="280" data-original-width="500" height="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmUbX2FKobzt7GMjw0vf4HBJ1odL83Rqg1I59Nx9IhUKGEtPsbXrGZeDed9YPh3966uw_ul8sK-Fh5CBhKHDVt9z7l4RbUGtrn2A_x9lhhzsPsDnUVr3nOSDEa580Zu2EQWATqpH59yRwW/w400-h224/cq5dam.thumbnail.cropped.500.281.jpeg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Certo è, che dall'ottobre 2017 sono oltre 2000 le vittime e soprattutto quasi un milione gli sfollati interni, tra cui quasi 400 mila bambini, costretti a fuggire a causa degli scontri che vedono i militari del governo (assistiti da Portogallo, del Ruanda e degli Stati Uniti e con l'arrivo massiccio di mercenari) difendere le multinazionali del petrolio contro gli attacchi dei gruppi armati, tutto a discapito della popolazione.</div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La presenza ruandese è il frutto dell'intervento diretto della Francia a difesa della propria multinazionale Total, che alla presenza del Presidente Macron ha fatto siglare ai due Paesi un "memorandum di intesa" con lo scopo di proteggere i siti più che la popolazione!</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I "ribelli" controllano alcune città tra cui Mocimboa de Praia e minacciano Muenda e Palma con continui attacchi. Le operazioni militari hanno costretto la Total a ridurre gli effettivi dalla base operativa posta ad Afungi e rallentare il progetto. Inoltre - poiché il business è grande e non si vuole perdere - minacciano di trasferire parte delle attività in territorio tanzaniano. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Come sempre le questioni, lì dove lo Stato è assente e le popolazioni abbandonate al loro destino, sono più complesse. Poco si parla del fatto che centinaia di chilometri di costa abbandonate e incontrollate erano diventate negli anni anche luogo di transito di ogni sorta di illegalità proveniente dall'Oriente (eroina, persone, fauna selvatica, legname e preziosi). <b>Al punto tale che alcuni osservatori internazionali sostengono che l'intervento delle milizie islamiche sia più teso a mantenere una zona franca per i traffici illegali che qualsiasi altra ipotesi</b>.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ancora una volta assistiamo al ripetersi di situazioni che, anche grazie ad una buona dose di disinformazione e strategie occulte organizzate dai governi (non solo africani, sia chiaro) incanalano questi fenomeni su strade diverse dalla realtà. Lentamente essi producono quesi disastri che oramai il mondo ci consegna ai nostri occhi quotidianamente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Dietro scelte politiche discutibili e a questioni economiche di privilegio, si vogliono mettere in luce vantaggi per le popolazioni inesistenti. Gli interessi delle multinazionali - economici e per nulla curanti dei luoghi in cui intervengono - vengono difesi dagli Stati stranieri (magari con l'aiuto di qualche complice locale) sbandierando, oggi, il terrore dell'islamismo radicale. In funzione di questo presunto pericolo si giustifica ogni sorta di ingerenza e di intervento teso, naturalmente, a proteggere le popolazioni. Affermazione che trova sempre in qualche modo il consenso.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Non volendo (o non potendo per superiori ragioni economiche) vedere il nemico per quello che è, si tollerano situazioni di anarchia che - attraverso l'illegalità - arricchiscono criminali del mondo intero. Siano le droghe, siano le armi, siano gli esseri umani, sia il gas o il petrolio o qualsiasi altra "merce" il business continua. Che sia in Libia, che sia in Somalia, che sia in Ucraina, che sia in Afghanistan o in Iraq, non importa. Lo show deve continuare e soprattutto l'illusione di voler combattere i criminali deve sempre essere presente.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>Nel mezzo le popolazioni civili pagano un prezzo altissimo e, volendo essere spregiudicati, necessitano dell'assistenza delle organizzazioni internazionali - pubbliche e private - costringendo i governi del mondo a spendere importanti somme di denaro e alimentando il grande teatro della carità mondiale. Perfino l'intervento umanitario è (spesso) inconsapevolmente coinvolto in questo circo che non lascia scampo a chi, contrariamente a noi, ha avuto la sfortuna di nascere in quei luoghi.</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSxAU1MbdWkDFmP_lUTSBGUTLMeGdXiu3PhaY8_LFUeMQTEh_wZPSS80aaFQNzIXfwWgxR_v-m3Iw5x_xyBSaEacKZePTzJUvIWeedXq_G_a0m-LFZZbhcPlb9hrL1_jJzN-TDdF6e6dG_/s651/quirimbas-mozambico-medjumbe.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="342" data-original-width="651" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjSxAU1MbdWkDFmP_lUTSBGUTLMeGdXiu3PhaY8_LFUeMQTEh_wZPSS80aaFQNzIXfwWgxR_v-m3Iw5x_xyBSaEacKZePTzJUvIWeedXq_G_a0m-LFZZbhcPlb9hrL1_jJzN-TDdF6e6dG_/w400-h210/quirimbas-mozambico-medjumbe.jpg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Per la cronaca, proprio di fronte alla costa di Capo Delgado, si trova l'arcipelago delle Quirimbas, una trentina di isole ritenute, per la qualità delle acque, per la ricchezza della fauna e per lo stato ancora incontaminato, un paradiso in terra, diventate nel 2002 una riserva naturale. </div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ringrazio l'amico <b>Helton Dias</b> per le chiacchierate sul suo Paese che mi hanno aiutato a comprendere meglio la complessità.</span></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><i>Le immagini sono tutte tratte dalla rete</i></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-27840926705356638462021-02-24T19:17:00.006+01:002021-02-24T19:17:55.828+01:00La Repubblica Democratica del Congo, per meglio comprendere<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Quella che oggi conosciamo come Repubblica Democratica del Congo, balzata improvvisamente alle cronache per l'omicidio del nostro Ambasciatore (assieme al carabiniere di scorta e all'autista) si chiamava un tempo Zaire e prima ancora Congo Belga. In realtà prima di essere una colonia belga lo Stato Libero del Congo fu una proprietà, diretta e privata, di re Leopoldo II di Belgio. Leopoldo fu definito da uno storico britannico come "un Attila in vesti moderne". Governò il paese, tra il <b>1885 e il 1908</b>, (quanto un anno prima di morire dovette cedere il Congo alla corona) nel terrore, reprimendo la popolazione locale nel peggiore dei modi. Il Paese fu depredato di quei beni che allora facevano la ricchezza : l'<b>avorio e il caucciù</b>. La mancanza totale del rispetto delle tradizioni, le violenza e lo sprezzo per la vita "nera" furono il centro della politica di Leopoldo.</span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXybxfrN3z2eNl7RO3JaofVmX_U8l-0SNO-_oOH3GT5h6mmIjw1FrsbljgdS2OoLEckNO_N6qEkSfKAcvK5gJaCD0Ugn7m9pdYFCY05tPOzOSR3JOv9nmB4SAjfFMC7z-SEoavZoh-kEbS/s969/MutilatedChildrenFromCongo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="969" data-original-width="646" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjXybxfrN3z2eNl7RO3JaofVmX_U8l-0SNO-_oOH3GT5h6mmIjw1FrsbljgdS2OoLEckNO_N6qEkSfKAcvK5gJaCD0Ugn7m9pdYFCY05tPOzOSR3JOv9nmB4SAjfFMC7z-SEoavZoh-kEbS/w266-h400/MutilatedChildrenFromCongo.jpg" width="266" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Si deve a lui, e ai suoi uomini, quella pratica, poi tristemente adottata in ogni parte del continente, di amputare le mani con il macete a chi non lavorava o si ribellava. Così come erano diffuse ogni sorta di violenza, soprattutto nei confronti delle donne e la pratica della schiavitù. Sempre secondo gli storici trovarono la morte nei 20 anni di terrore un numero molto vicino ai 10 milioni di congolesi su una popolazione di 25 milioni. Leopoldo fu costretto a cedere la colonia proprio per le accuse di atrocità internazionali. <b>Nonostante i numeri quello del Congo non è mai stato considerato un genocidio.</b></div><div style="text-align: justify;">L'attuale capitale, Kinshasa, fino al 1966 e dalla sua fondazione avvenuta nel 1881 portava il nome di Leopoldville (a dimostrazione del fatto che il Belgio mai si dissociò dagli orrendi crimini avvenuti in quel Paese).</div><div style="text-align: justify;">Il Belgio resse la colonia per altri 50 anni, dal 1908 al 1960. Anni in cui Leopoldville diventò una città culturalmente molto attiva (competeva con la sua "dirimpettaia", Brezzaville, separate dal fiume Congo, il titolo di capitale africana della rumba). Anni in cui tra le due guerre, fu fortemente potenziata l'attività estrattiva nel Paese. Dalle miniere di uranio di Shinkolobwe proveniva il minerale usato per le bombe di Hiroschima e Nagasaki. Il Paese è ritenuto uno scandalo geologico, nel suo sottosuolo si trova di tutto: oro, diamanti, smeraldi, petrolio, uranio, manganese, cobalto, rame e tantalio. Insomma tutto quello che il nostro Pianeta ha bisogno per ogni sorte di tecnologia.</div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6AXINYdK0teASaBIZRH4KbXTpRFeVkFFbhDeaMKgLELJCJPdUxBzQsOxzpitXFWglK3UTuu5v_dAA4GazbQ1u0lvTYMYBEBY7982RsZiYOTRE4zmsJ7nKbryc10kxJ9GAVWCtG2_vWKLr/s635/the-democratic-republic-of-the-congo3-bd-16-9_2823163_307538.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="445" data-original-width="635" height="280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg6AXINYdK0teASaBIZRH4KbXTpRFeVkFFbhDeaMKgLELJCJPdUxBzQsOxzpitXFWglK3UTuu5v_dAA4GazbQ1u0lvTYMYBEBY7982RsZiYOTRE4zmsJ7nKbryc10kxJ9GAVWCtG2_vWKLr/w400-h280/the-democratic-republic-of-the-congo3-bd-16-9_2823163_307538.jpg" width="400" /></a></div><br />Negli anni '50 emerse un giovane leader, <a href="http://www.sancara.org/2014/01/patrice-emery-lumumba-1925-1961.html">Patrick Lumumba</a>, visionario e panafricanista. Un leader che poteva cambiare, se gli fosse stato concesso, le sorti dell'intero continente. Portò il Paese all'indipendenza il <b>30 giugno 1960</b>. </div><div style="text-align: justify;">Ma si trattava di un'indipendenza effimera. Le potenti compagnie minerarie sarebbero restate saldamente nelle mani dei Belgi e quando solo pochi giorni dopo Lumumba nazionalizzò l'esercito ed era pronto a nazionalizzare le risorse, lo Stato minerario del <b>Katanga </b>(con l'aiuto dei parà del Belgio e di mercenari da ogni parte del mondo, Italia compresa) dichiarò la secessione. La storia si sintetizza in poco: Lumumba venne ucciso dai belgi con il benestare della CIA nel gennaio 1961, una sanguinosa guerra civile si combattè tra il 1960 e il 1963 (l'intervento delle Nazioni Unite costerà la vita al Segretario Generale <a href="http://www.sancara.org/2012/09/18-settembre-1961-la-morte-di-dag.html">Hammarskjold</a>) e a guidare il Paese giunse nel 1965 <a href="http://www.sancara.org/2010/09/le-anime-nere-dellafrica-mobutu-sese.html">Joseph Desirè Mobuto</a> (poi divenuto Mubutu Sese Seko), uomo gradito all' Occidente e agli Americani, baluardo anti-comunista in Africa che regnò (dal 1972 si auto-incoronò Imperatore) e uomo delle tangenti (generose delle compagnie minerarie americane, francesi, sudafricane e belghe) tanto che nel 1984 il suo patrimonio era stimato in 5 miliardi di dollari (alla sua morte le banche svizzere avevano i forzieri pieni dei suoi soldi - solo 8 milioni di franchi furono confiscati alla sua famiglia). Morì nel 1997 in Marocco pochi mesi dopo essere stato deposto da Laurent Desirè Kabila - storico rivale che <a href="http://www.sancara.org/2011/01/libri-lanno-in-cui-non-siamo-stati-da.html">Che Guevara</a> quando assieme ad alcuni militari cubani era giunto in Zaire per addestrare i congolesi alla rivoluzione aveva definito "<i>un arrivista senza ideali</i>".</div><div style="text-align: justify;">Nel frattempo la situazione era - se possibile - ancor più degenerata. A seguito del genocidio del Ruanda del 1994, il confine tra i due Paesi (zona dove è stato ucciso l'ambasciatore italiano con il suo carabiniere di scorta e l'autista) si riversarono prima i profughi in fuga dalla carneficina e poi gli stessi carnefici.</div><div style="text-align: justify;">Kabila fu poi ucciso nel 2001 lasciando il paese al figlio Joseph che ne è stato Presidente fino al 2019.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeB9UUQIDRFK5OAUzZ5xM6v4nR4oFDzE1BrnwAMSa6xhJzDwEq3u3gZA92cGqImZNsqOqiIZIeH1gXnVQmmvci8V-RET-UIfeDc25pSNIfxPuhOR-5uSFHVd2DsfV0HsU0oqoya2uHaseN/s299/images.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="169" data-original-width="299" height="226" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjeB9UUQIDRFK5OAUzZ5xM6v4nR4oFDzE1BrnwAMSa6xhJzDwEq3u3gZA92cGqImZNsqOqiIZIeH1gXnVQmmvci8V-RET-UIfeDc25pSNIfxPuhOR-5uSFHVd2DsfV0HsU0oqoya2uHaseN/w400-h226/images.jpeg" width="400" /></a></div><br />Dall'inizio degli anni '90 ad oggi la Repubblica Democratica del Congo è teatro di una guerra senza soluzioni. Si parla di oltre 160 diversi gruppi armati, disposti a tutto, che mettono a ferro e fuoco l'intero Paese. Uomini che si arricchiscono sfruttando fino alla morte bambini, uomini e donne (i bambini vengono legati a testa in giù nei piccoli pozzi estrattivi e costretti a scavare a mano, spesso vengono tirati su già morti) e che usano lo stupro come arma di guerra (si parla di 500 mila stupri all'anno) ed è contemporaneamente un modo per imporre il terrore e per sottolineare il fatto che la vita, qui, non conta nulla. Armati fino ai denti (spesso gli scambi di minerali avvengono in cambio di armi di ogni genere). Mentre in questo inferno tutto è possibile, le estrazioni dei suoi minerali dal sottosuolo continua con grande continuità, assicurando il fabbisogno dei Paesi ricchi, che in cambio chiudono entrambi gli occhi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Di Sancara su tutte queste vicende potete leggere:</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Articoli:</b></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2010/08/dal-coltan-al">Dal coltan al cellulare passando per il Kivu</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2018/05/rumba-africana-la-musica-del-fiume.html">Rumba africana, la musica del fiume</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2012/11/continua-indisturbata-la-mattanza-nel.html">Continua indisturbata la mattanza nel Kivu</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2012/01/cosa-avviene-in-africa-centrale-un.html">Cosa avviene in Africa Centrale?</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2018/10/luomo-che-ripara-le-donne.html">L'uomo che ripara le donne</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Personaggi:</b></div><div style="text-align: justify;">- Patrick Lumumba</div><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.sancara.org/2010/09/le-anime-nere-dellafrica-mobutu-sese.html">- Mubutu SeseSeko</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Date storiche:</b></div><div style="text-align: justify;">- 17 gennaio 1961 - <a href="http://www.sancara.org/2011/01/17-gennaio-19">Assassinato Patrick Lumumba</a></div><div style="text-align: justify;">- 18 settembre 1961 - <a href="http://www.sancara.org/2012/09/18-settembre-1961-la-morte-di-dag.html">La morte di Dag Hammarskjold</a></div><div style="text-align: justify;">- 30 ottobre 1974 - <a href="http://sancara.org/2011/02/30-ottobre-1974-rumble-of-jungle.html">The Rumble of Jungle</a></div><div style="text-align: justify;">- 6 aprile 1994 - <a href="http://www.sancara.org/2011/01/6-aprile-1994-scoppia-linferno-in.html">Scoppia l'inferno in Ruanda</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Libri e film:</b></div><div style="text-align: justify;"><b>- </b><a href="http://www.sancara.org/2011/01/libri-lumumba-e-il-panafricanismo.html">Lumumba e il Panafricanismo</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://www.sancara.org/2011/01/libri-lanno-in-cui-non-siamo-stati-da.html">L'anno in cui non siamo stati da nessuna parte</a></div><div style="text-align: justify;">- <a href="http://cara.org/2015/03/libri-sullafrica-congo.html">Congo</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-80952062154867482822021-02-22T20:42:00.001+01:002021-02-22T20:47:01.325+01:00Nella Repubblica Democratica del Congo, non tutti i morti valgono uguali<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Purtroppo si parla della Repubblica Democratica del Congo (un tempo conosciuto come Zaire) solo quando la cronica ci restituisce l'omicidio di nostri connazionali. Desta ancora più perplessità (e personalmente profonda indignazione) lo stupore della politica e della nostra comunità. Da quasi tre decenni nella Repubblica Democratica del Congo ed in particolare la zona del Kivu si combatte quella che molti definiscono la "Guerra Mondiale Africana". Siamo in una terra che per <a href="http://www.sancara.org/2010/08/dal-coltan-al-cellulare-passando-per-il.html">ricchezza del sottosuolo </a>veniva definita uno scandalo geologico. In virtù della nostra necessità di attingere a quelle preziose risorse, utili per le nostre economia, abbiamo tollerato tutto. Oltre 5 milioni di morti a partire dal 1994 - quando a complicare una situazione già ai limiti - si riversano nell'area milioni di profughi provenienti dal Ruanda e dopo di loro i carnefici di quell'<a href="http://www.sancara.org/2012/01/libri-mentre-il-mondo-stava-guardare.html">orrenda e ignobile pagina della storia</a>. in questa terra martoriata e dimenticata. <a href="http://www.sancara.org/2018/10/luomo-che-ripara-le-donne.html">Donne stuprate</a> come arma di guerra da mostri umani, gli stessi che favoriscono quando non sono i diretti venditori la vendita di tutto quello di cui abbiamo bisogno. Nel <a href="http://www.sancara.org/2012/11/lultima-guerra-del-kivu.html">Kivu</a> si combatte senza sosta, a riflettori spenti.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghB8Ywttw4GCvklpEURmXy3qNJqhJyEpIaeKrDhGrS17OOusIpvxJ9mbG4dox1xW_QmwWtKIBq8uSBx030WStl2X_aLqfixCPJ-98OTmthqYKg7jA8oiotjE5CDvES9cXIc_tMgDLmsyXG/s1300/autista-ambasciatore-ucciso.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1300" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghB8Ywttw4GCvklpEURmXy3qNJqhJyEpIaeKrDhGrS17OOusIpvxJ9mbG4dox1xW_QmwWtKIBq8uSBx030WStl2X_aLqfixCPJ-98OTmthqYKg7jA8oiotjE5CDvES9cXIc_tMgDLmsyXG/w400-h210/autista-ambasciatore-ucciso.jpg" width="400" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><div style="text-align: justify;">Spenti per il mondo intero, per le telecamere e per le penne dei grandi media, non certamente per quali come <b>Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo </b><i>(nella foto)</i>, che non si sono voltati dall'altra parte e svolgevano, con grande impegno la loro opera in quei contesti, mettendo, come purtroppo è successo perfino la loro vita in gioco. </div></span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ancora una volta dobbiamo essere onesti. Quello che succede nel Kivu ha delle precise responsabilità e non può continuare a lasciare indifferenti. Del resto nel nostro Pianeta le situazioni di guerra franca, ignorate e dimenticate, crescono. Somalia, Siria, Libia, Yemen, Iraq, Congo e Afghanistan, tanto per citare quelle situazioni più note e conosciute, sono diventate, per differenti ragioni, croniche malattie del nostro mondo sempre più fragile e ingiusto.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ancora una volta il sacrificio di questi uomini accenderà i riflettori sulle cause e sulle dinamiche si queste situazioni per poi lentamente, così come è sempre avvenuto, spegnersi per tornare in quell'oblio, molto comodo all'economia mondiale. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I denari sporchi (insanguinati si chiamavano una volta) raccolti in questi luoghi alimentano quell'enorme traffico di illegalità che cresce nel Mondo e che sempre più chiaramente tende ad alimentare il caso, dove la legge del più forte e la paura dominano.</span></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p><br /></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-87532766935462332422021-02-15T21:44:00.003+01:002021-02-15T21:49:38.408+01:00L'economista nigeriana alla guida del WTO<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La Nigeria, settimo Paese più popoloso al mondo con oltre 200 milioni di abitanti, è una nazione controversa. Tra i primi dieci produttori al mondo di <a href="http://www.sancara.org/2015/03/petrolio-in-nigeria-ricchezza-e-miserie.html">petrolio</a> è anche uno dei Paesi con il maggior tasso di corruzione e ingiustizia sociale. E' il Paese conosciuto, purtroppo, nel mondo più per la sua <a href="http://www.sancara.org/2017/07/dal-premio-nobel-alla-mafia-le.html">mafia</a> e per le migliaia di <a href="http://www.sancara.org/2015/06/prostituzione-nigeriana-in-italia.html">prostitute</a> che affollano la strade delle nostre città che per la sua arte e per la sua cultura. Unico Paese africano che può vantare un Premio Nobel per la Letteratura con uno scrittore di pelle nera.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Un Paese dove vi sono enormi tensioni sociali, dove vivono gruppi criminali che non esitano a mettere, letteralmente a fuoco e fiamme, interi villaggi. Dove uno dei più bei ambienti naturali del Pianeta, il <a href="http://www.sancara.org/2012/02/la-devastazione-del-delta-del-niger.html">Delta del Niger</a>, è stato letteralmente devastato dall'ingordigia umana.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Insomma un concentrato di contraddizioni, tra misera estrema e ricchezza infinita, dove ancora oggi il ruolo della donna è molto marginale in gran parte della società. Appunto, in gran parte della società, perchè invece proprio una donna è stata nominate al vertice (Direttrice Generale) della potente Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), organizzazione nata nel 1995 (alla fine dei negoziati tra i paesi aderenti al GATT denominati Uruguay Round) per supervisionare agli accordi economici internazionali, quanto mai importanti in questa epoca di incertezza e di caos generati dalla pandemia di Covid. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>Prima donna in assoluto, prima donna africana, prima donna di pelle nera a guidare il WTO.</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-HUTdztPPPabQj-fGXeqkEH5zh4Lyt0sCbeRgSvVwc5_IIJyT3RjjmkOEe_uar__loZC0dA7T0YwSBXfaEHOEPNHrjFYkgjOjtopMau_nZ9ZcixS-_wdW1roSlfRoRKm_c5wVaor8IWQk/s2048/d09bde0c-678b-11eb-bc00-908c10a5850a_image_hires_185328.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1366" data-original-width="2048" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-HUTdztPPPabQj-fGXeqkEH5zh4Lyt0sCbeRgSvVwc5_IIJyT3RjjmkOEe_uar__loZC0dA7T0YwSBXfaEHOEPNHrjFYkgjOjtopMau_nZ9ZcixS-_wdW1roSlfRoRKm_c5wVaor8IWQk/w640-h426/d09bde0c-678b-11eb-bc00-908c10a5850a_image_hires_185328.jpg" width="640" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />Si tratta di <b>Ngozi Okonjo-Iweala</b>, 66 anni, ex Ministro delle Finanze, economista che ha lavorato per oltre 20 anni alla Banca Mondiale. Figlia di reali (il padre era Obi della famiglia Obahai) e accademici che si erano formati in Europa, visse in prima persona il dramma della <a href="http://www.sancara.org/2010/08/guerra-del-biafra-1967-1970-una.html">Guerra del Biafra</a> (essendo originaria del Delta). Dopo la guerra nel 1973, a 19 anni, si trasferì negli Stati Uniti dove studiò economia ad Harvard e al MIT. Lavorò fino al 2003 alla Banca Mondiale, quando fu nominata Ministro delle Finanze (2003-2006 e 2011-2015) e brevemente degli Esteri (2006). Dal 2019 è cittadina americana e per questo il più grande sponsor della sua nomina sono stati proprio gli Stati Uniti.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ecco la storia di questa donna - dalle indubbie capacità sia chiaro - ci racconta ancora una volta quanto in Africa, ancora più che altrove, la famiglia in cui nasci conta e determina la tua esistenza e quella dei tuoi figli. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Insomma il mondo intero plaude per questa importante nomina, perchè coinvolge una donna e soprattutto una donna africana. Poi certo come sempre non tutto quel che luccica è oro. La Banca Mondiale ha pesanti responsabilità sulla situazione dell'Africa (del passato e attuale), il governo nigeriano non ha certo brillato negli ultimi decenni per quanto riguarda la gestione delle ricche finanze derivanti dal petrolio (che non hanno minimamente inciso sullo sviluppo e sulla povertà del Paese) e certamente gli americani non sono privi di responsabilità (ieri come oggi) delle condizioni del continente nero.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">L'oro che vediamo in questa nomina forse sbiadisce un poco.</span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-20918282234776059612021-01-03T14:06:00.001+01:002021-01-03T16:48:52.141+01:00Donne al potere<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Si chiude il <b>2020</b>, un anno difficile che sicuramente sarà ricordato nella storia dell'Umanità. Si chiude ancora un anno dove le disparità di genere restano alte e nella politica, quella che conta, si evidenziano, se è possibile, ancora di più. <b>Solo il 15,5% dei Paesi del mondo è guidato</b> (come Capo di Stato o Capo di Governo) <b>da una donna</b> e solo il 9,7% dei leaders (ovvero dei 337, tra capo di stato e di governo in carica al 31 dicembre 2020) del Pianeta sono donne. Sono infatti 30 i Paesi del mondo guidati da una donna (su 193 Paesi indipendenti) e solo 3 sono affidati completamente (ovvero con capo di Stato e di Governo) alle donne: Barbados, Danimarca e Nuova Zelanda.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Numeri preoccupanti, in un panorama in cui <b>meno della metà degli Stati del mondo</b> (46,7%) hanno avuto, almeno una volta, una donna al potere. Tra le "assenze" significative vi sono gli Stati Uniti, l'Italia, la Russia, il Giappone, la Cina che si collocano in questa non invidiabile lista assieme a Nigeria, Marocco, Iran, Iraq, Egitto, Cuba, Arabia Saudita e Sudan. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiso29R1c2axpXSz8woB2GfDOE51ERf9VHvOT5Fezy_vVQtwYAZiEjotHKSJhBfW8kCiWWyV-1GVyqUytirJBYwVlRI8Et153sEWDqXPt_h84qYCNiHjrHSLYzWiBPWwzWtqAmIW-c8Fy9D/s316/unnamed.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="316" data-original-width="283" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiso29R1c2axpXSz8woB2GfDOE51ERf9VHvOT5Fezy_vVQtwYAZiEjotHKSJhBfW8kCiWWyV-1GVyqUytirJBYwVlRI8Et153sEWDqXPt_h84qYCNiHjrHSLYzWiBPWwzWtqAmIW-c8Fy9D/s0/unnamed.jpg" /></a></span></div><span style="font-family: verdana;"><br /><div style="text-align: justify;">Per la cronaca nel 2020 solo un Paese del Mondo si è aggiunto alla lista dei Paesi in cui le donne hanno avuto un'opportunità di guidarlo, il <b>Togo</b>, ancora oggi guidato la una Prima Ministra, <b>Victorie Tomegah Dogbè </b>(nella foto).</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sono numeri che esprimono, semmai ce n'era bisogno, la lontananza dalla parità di genere nel nostro Paese e che soprattutto sembrano non modificarsi molto nel tempo (si veda <a href="http://www.sancara.org/2016/01/donne-al-potere-2015.html">Donne al Potere 2015</a> su questo blog). Cinque anni fa erano 24 le donne al potere, numeri non molto dissimili a quelli di oggi. </div><div style="text-align: justify;">Ecco nel dettaglio i Paesi del mondo, che al 31 dicembre 2020, erano guidati da almeno una donna:</div></span><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Europa (10)</b>: Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Islanda, Norvegia, Regno Unito, Serbia, Slovacchia e Svizzera.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Asia (4):</b> Bangladesh. Nepal, Singapore e Taiwan.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Africa (4)</b>: Etiopia, Gabon, Namibia e Togo.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Centro-america (4)</b> : Barbados, Grenada, Saint Vincent e Granatine e Trinidad e Tobago.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">-<b> Paesi Ex-URSS (4) </b>: Estonia, Georgia, Lituania e Moldavia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Oceania (2)</b> : Nuova Zelanda e Tuvalu</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Sud-America (1)</b> : Perù</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Nord-America (1) </b>: Canada</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Le donne però vantano due importanti primati tra i leaders di Stato o di Governo: la <b>Regina Elisabetta II</b>, con i suoi 94 anni, è il Capo di Stato meno giovane del Pianeta ed essendo il carica dal <b>6 febbraio 1952</b> è anche il leader del Mondo da più tempo al potere (dietro di lei, al potere dal 1972, vi è la Regina Margherita II di Danimarca). Certo, ancora, poca cosa.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Se parliamo di età, è di <b>62 anni l'età media dei leaders mondiali</b>, mentre ha 29 anni Alessandro Cardarelli, capitano-reggente di San Marino, più giovane capo di governo del Pianeta.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ecco di seguito i meno giovani e i più giovani leaders in carica al 31 dicembre 2020:</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I "meno-giovani":</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Regina Elisabetta II</b> (Regina del Regno Unito) (94)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">-<b> Sir Colville Young</b> (Governatore Generale del Belize) (88)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Paul Biya</b> (Presidente del Camerun) (87)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Pranab Mukherjee </b>(Presidente India) (85)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Re Salman</b> (Re dell'Arabia Saudita) (85)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Michel Aoun</b> (Presidente del Libano) (85)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Neville CENAC</b> (Governatore Generale Saint Lucia) (85)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Sono 17 i leaders del mondo ultra-ottantenni.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I più giovani:</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Alessandro Cardarelli </b>(Capitano reggente San Marino) (29)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Artem Novikov</b> (Primo Ministro Kirgizistan) (33)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Sebastian Kurz</b> (Cancelliere Austria) (34)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Mahdi Al-Mashat</b> (Capo di Stato Yemen) (34)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Sanna Marin</b> (Prima Ministra della Finlandia) (35)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Sono solo 7 i trentenni a capo di stato o di governo.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Ecco infine la classifica dei Capi di Stato e di Governo che da più tempo sono al potere, dove appare evidente che oltre ai reali, sono figure politiche di Paesi i cui i processi democratici risultano assenti o sospesi.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Regina Elisabetta II </b>(Regina Regno Unito) (1952)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Regina Margherita II</b> (Regina Danimarca) (1972)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Re Carlo XVI Gustavo</b> (</span><span style="font-family: verdana;">Re di Svezia) (1973)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Paul Biya</b> (Primo Ministro/Presidente Camerun) (1975)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Teodoro Obiang Nguema </b>(Presidente Guinea Equatoriale) (1979)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Ayatollah Khamenei </b>(Guida Spirituale Iran) (1981)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">-<b> Hassnei Muizzadin Waddaulah</b> (Sultano del Brunei) (1984)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Hun Sen</b> (Primo Ministro Cambogia) (1985)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">- <b>Yoweri Museveni</b> (Presidente Uganda) (1986)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">-<b> Re Wswati III </b>(Re di Eswatini) (1986)</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Con questo quadro al femminile non certo esaltante, si chiude un anno dove la politica mondiale ha dovuto affrontare (e ancora continua ad affrontare) una delle più importanti sfide dal dopoguerra. Paradossalmente la pandemia da Covid-19 ha distratto il mondo da quasi ogni altra questione. Guerre e tensioni non si sono placcate (semmai in alcune zone sono aumentate), la povertà che già attanagliava quasi un miliardo di cittadini del mondo ha finito con colpire ancora maggiormente gli ultimi del Pianeta. </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">I temi dell'ambiente, dello sviluppo, della desertificazione, del clima, della fame, della demografia e della sostenibilità delle risorse sembrano essere passati in secondo piano. Ma presto ritorneranno drammaticamente a presentare il loro conto.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana; font-size: x-small;"><i>* I dati presentati sono elaborazioni dell'autore.</i></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-7916616217048624472020-08-26T18:12:00.003+02:002020-08-26T18:12:19.912+02:00Addio alla poliomielite (quasi)<p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">In un momento storico in cui il mondo intero affronta forse la più grave crisi sanitaria della sua esistenza, suscita interesse e speranza l'annuncio dato in questi giorni dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il continente africano dopo decenni di lotte ha eradicato (si è liberato, in altri termini) della poliomielite che ha creato decine di migliaia di paralisi e deformazioni in giovanissimi. Ma andiamo con ordine.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: verdana;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGqUttBqLEPW647MERN-XEtxTy5gUqWK6-NiyRWH9J0WAZQhgkVtqkKb14eMVmaH30KWbDgD8nCjeM0LCkyEJ7R5yguzcSWWgJLaXJLDWbHyUzXXiGbdBYVdkSs83Xuj_qedxGpNEm-_oC/s640/DVB02766_9_70633409.jpg" width="640" /></span></div><span style="font-family: verdana;"><br />La poliomielite (chiamata anche paralisi infantile) è una malattia virale molto contagiosa (trasmissione via oro-fecale) provocata dal poliovirus (di cui si conoscono tre ceppi, WPV1, 2 e 3, sebbene assolutamente sovrapponibili dal punto di vista clinico) che fu isolato per la prima volta nel <b>1909</b> dal biologo austriaco Karl Landsteiner (più noto per aver identificato nel 1900 i gruppi sanguigni, per cui fu anche vincitore del Premio Nobel nel 1930). In realtà la malattia (riconosciuta come tale nel 1840) ha una storia lunga evidenziata anche da dipinti e sculture egizie.</span><p></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La malattia che per 9 casi su 10 è asintomatica può essere molto pericolosa quando il virus penetra attraverso il sistema circolatorio nel sistema nervoso centrale causando paralisi flaccida acuta (0,5% dei casi di cui circa il 10-15% muore). <b>Ma, la cosa molto attuale</b> (ora che il mondo intero è popolato da virologi improvvisati), <b>è che la polio ha/aveva la caratteristica che per ogni caso accertato vi erano circa 3000 casi asintomatici che potevano diffondere la malattia.</b> I segni della malattia sono visibili in ogni parte del mondo e chi non è più giovane (come chi scrive) ha ricordi molto nitidi di conoscenti e amici interessati, purtroppo, da questa patologia.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La lotta alla malattia è stata possibile grazie alla scoperta di un <b>vaccino</b>. Il primo, chiamato Koprowski (dal nome del virologo Koprowski), fu somministrato la prima volta nel febbraio <b>1950</b>. Nel 1952 è stato sviluppato (e usato dal 1955) un secondo vaccino (sviluppato da Jonas Salk) ma, la svolta che ha permesso di aggredire meglio la malattia è stata nel <b>1962</b> quando è stato autorizzato il vaccino <b>Sabin</b> (Albert Sabin) che ha avuto anche il vantaggio di essere orale e quindi facilmente utilizzabile e soprattutto poco costoso! In Italia infatti è stato reso obbligato nel <b>1966</b> e l'ultimo caso endemico di poliomielite risale al <b>1982</b>.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">In Africa (ma più in generale nel sud del mondo) la massiccia campagna di vaccinazione fu lanciata nel <b>1988, quando si registravano circa 350 mila casi all'anno</b>. Oggi solo due paesi, l'Afghanistan e il Pakistan hanno ancora forme endemiche di malattia (nel 2020 complessivamente una novantina di casi). Sono il Tipo 2 (eradicato nel 2015) e il Tipo 3 (il cui ultimo caso risale al 2012) ad essere invece stati eradicati dall'Africa (gli ultimi due Paesi dichiarati polio free sono stati la Nigeria e il Camerun). Questo significa che potranno ancora esserci casi - derivati dal vaccino - del Tipo 1 in Africa.</span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">La notizia è particolarmente "buona" perchè si tratta della seconda volta nella storia africana, dopo che 40 anni fa era stato eradicato il vaiolo (1978), che si riesce al eliminare un patogeno pericoloso. Del resto l'obiettivo di eradicare la polio dal mondo potrebbe essere il terzo della storia dopo appunto il vaiolo e la peste bovina (2011). </span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>La questione dell'eradicazione delle malattie richiama però l'attenzione su una questione che ci riguarda molto da vicino. Eliminare dal pianeta virus capaci di offendere gravemente l'uomo è molto, molto difficile e particolarmente lungo. Per ora l'unica strategia conosciuta è quella del vaccino che come abbiamo visto necessita di tempi molto lunghi affinché l'intera popolazione mondiale possa essere messa al sicuro. Inutile ricordare che come è avvenuto per la polio i tempi sono differenti a secondo della ricchezza delle aree del Pianeta (<span style="color: red;">insomma, siamo onesti, quando il mondo ricco ha eradicato la polio dalla sua terra, si è posto il tema di farlo anche altrove!</span>).</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><b>Per la polio come per altre malattie, la strada è comunque sempre lunga!</b></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;"><br /></span></p>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-34844495505908321312020-07-14T21:28:00.002+02:002020-07-14T21:28:39.078+02:0010 anni di Sancara dedicati a Silvestro<div style="text-align: justify;"><span style="font-family: verdana;">Era il </span><b style="font-family: verdana;">14 luglio 2010</b><font face="verdana">, quando feci nascere questo piccolo blog dedicato, con grande umiltà, ma con altrettanta fermezza alla figura di Thomas Sankara. Un leader come pochi in Africa la cui breve vita è stata prima di tutto un esempio e la cui prematura morte è ancora avvolta in un mistero. Il blog nasceva con </font><a href="http://www.sancara.org/2010/07/il-perche-di-un-nome_14.html" style="font-family: verdana;">questo post</a><span style="font-family: verdana;"> che raccontava l'origine del nome e delle mie intenzioni.</span></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana">Sono passati 10 anni, certo i primi fatti con grande enfasi e con ore passate a studiare e documentarmi gli altri più lentamente. E' forse perfino scorretto chiamarlo blog, perchè questo sito conserva pagine che ancora oggi in molti consultano. Si è trasformato nel tempo in una raccolta di materiali sull'Africa, di pensieri e di approfondimenti. Molti dei quali ancora attuali.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana">Un'esperienza che mi ha consentito di entrare in contatto con molte persone, alcuni diventati amici: nativi, abitanti, amanti, frequentatori e studiosi del continente. </font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana">A dieci anni di distanza, la mia passione per l'Africa è rimasta immutata (del resto mi appassiona fin dalla tenera infanzia), purtroppo però la vita non mi ha permesso di tornare tra la terra rossa. Forse un giorno, forse.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana"><br /></font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana">Avevo tante idee per festeggiare i dieci anni di Sancara, ma stamane una delle prime notizie che ho letto, purtroppo apparsa non sulle prime pagine, è stata quella della morte di Silvestro Montanaro. Silvestro era un grande giornalista, con cui molte volte ho scambiato, rigidamente via mail o social, alcuni commenti ai fatti africani e non solo.</font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana">Silvestro ci ha lasciato una delle inchieste più serie e complete proprio su Thomas Sankarà. Il suo documentario prodotto da Rai 3 intitolato "<i>quel giorno che uccisero la libertà</i>" è un piccolo capolavoro del giornalismo. Lo linko di seguito (oppure potete trovarlo <a href="http://www.sancara.org/2013/02/il-documentario-su-thomas-sankara-di.html#comment-form" target="_blank">sul post</a> di Sancara) in occasione dei dieci anni di Sancara e soprattutto in omaggio di Silvestro, il cui contributo e il cui impegno mancherà a tutti noi! </font></div><div style="text-align: justify;"><font face="verdana"><b>Ciao Silvestro !</b></font></div><div><br /></div><div><br /></div><div><a href="https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=GPCNq-T7yDY&feature=emb_title">https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=GPCNq-T7yDY&feature=emb_title</a></div><div><br /></div>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-55906918368913514042020-04-15T16:16:00.002+02:002020-04-24T17:34:21.633+02:00Coronavirus e Africa, qualche pensiero<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La pandemia dovuta al nuovo coronavirus ha oramai colpito l'intero pianeta. Seppur con grandi differenze solo alcuni piccoli Paesi sono, ad oggi, esenti da contagi. Inoltre se alcuni Paesi come gli Stati Uniti, gran parte dell'Europa (Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito in testa) e dell'Asia (Cina, India, Corea e Giappone in particolare) stanno facendo i conti con una vera e propria tragedia, non solo in termini di morti bensì di tenuta del sistema sanitario e, in prospettiva, di quello economico, vi sono altri luoghi del pianeta, come l'Africa, ove il virus "sembrerebbe" colpire meno. Il condizionale è d'obbligo, ma il continente africano con <b>15879 casi</b> confermati e con <b>834</b> <b>morti</b>, si connota come l'area geografica del pianeta meno colpita dal virus.</span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC856JriVVNpyQHFb41HWc-VlZbocRlzBwXCFuaMJ_rNaxbM2447VB43ROJkSBP0yHSY9LL2ipTh2xomwWXvfI_64_uJzZ56vHa8IxZ2KI73RmqnyA__vYmvhJa3PKHLoAc54mdPqzrFkW/s1600/5118223_0937_coronavirus_africa_ultime_notizie.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="543" data-original-width="990" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjC856JriVVNpyQHFb41HWc-VlZbocRlzBwXCFuaMJ_rNaxbM2447VB43ROJkSBP0yHSY9LL2ipTh2xomwWXvfI_64_uJzZ56vHa8IxZ2KI73RmqnyA__vYmvhJa3PKHLoAc54mdPqzrFkW/s400/5118223_0937_coronavirus_africa_ultime_notizie.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Inoltre se si osservano nel dettaglio la distribuzione dei casi (ad oggi solo due paesi, il Lesotho e le Comore, sono immuni al virus) essi si concentrano nell'Africa Mediterranea (Egitto, Marocco, Algeria e Tunisia) e in Sudafrica (primo Paese africano, con 2272 per numero di casi). mentre è l'Algeria con 313 morti ad essere responsabile di oltre il 62% delle morti da coronavirus nel continente).</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Certo la prima cosa che viene in mente è se i dati forniti dai paesi africani all'Organizzazione Mondiale della Sanità siano veritieri e attendibili e se l'esiguità dei tamponi effettuati si alla base di questa apparente difficoltà del virus a entrare nell'Africa nera.</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Allora, facciamo un passo indietro. Sin dall'origine della pandemia la comunità internazionale è sempre stata molto preoccupata da un eventuale diffondersi dell'epidemia in Africa. Quando il <b>14 febbraio 2020 si registrò il primo caso nel continente e precisamente in Egitto </b>(il primo caso in Africa sud-Sahariana si ebbe il 28 febbraio in Nigeria) l'opinione diffusa era di un'imminente catastrofe (l'ennesima) in Africa.</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Che il sistema sanitario africano sia tecnologicamente e numericamente arretrato non è una novità (qualche riflessione meriterebbe la questione degli aiuti allo sviluppo, soprattutto alla sanità, degli ultimi 60 anni....). Prendendo in considerazione solo il dato dei <b>posti di terapia intensiva</b> (parametro che tutti hanno imparato a conoscere negli ultimi mesi), in tutto il continente (54 stati) vi erano <b>circa 5000 posti per oltre 1,3 miliardi di persone </b>(gli stessi della sola Italia, 5200, per circa 60 milioni di abitanti e quasi un sesto della Germania, che ne ha 28 mila), con grandi differenze nei 43 Paesi che dispongono di tali presidi (ad esempio circa 1000 in Sudafrica, 500 in Tunisia, 400 in Algeria, 150 in Kenya, 50 in Senegal).</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Accanto a questo dato "grezzo", vanno considerati altri fattori determinanti. In alcuni paesi africani l'età media è sotto i 20 anni (il 70% della popolazione è sotto i 30 anni) e l'aspettativa di vita non supera i 64 anni. Il tasso di urbanizzazione (percentuale di persone che vivono nelle città) è del 43% (in Cina è ben oltre il 60% e l'Europa è mediamente oltre il 75%). Sono tre le città africane che superano i 10 milioni di abitanti (Lagos, Kinshasa e il Cairo).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVYOgKYLcLn9KI7_X_HH-MzhguGCkGNNoWKVSCiJ-6I7XAkirSS_HElM3WXabD2b-8IUqkH9D7ZfdgCefT0ZHUnueJrLhr6Q5iXGPVMaBT5wnSe0xQR5TEqhVCNm_vB342zafeZB3JhVOT/s1600/coronavirus-africa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjVYOgKYLcLn9KI7_X_HH-MzhguGCkGNNoWKVSCiJ-6I7XAkirSS_HElM3WXabD2b-8IUqkH9D7ZfdgCefT0ZHUnueJrLhr6Q5iXGPVMaBT5wnSe0xQR5TEqhVCNm_vB342zafeZB3JhVOT/s400/coronavirus-africa.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In Africa vi sono 60 milioni di bambini che soffrono di malnutrizione (così come quasi 700 milioni milioni di individui che non hanno di che mangiare), malattie di ogni genere (dal morbillo alla malaria, dall'aids alla tubercolosi), circa il 40% della popolazione non ha accesso all'acqua potabile e manca di servizi sanitari. Proprio nei giorni in cui il mondo affrontava l'insorgere della nuova epidemia di Coronavirus nella Repubblica Democratica del Congo si cercava di spegnere l'ennesimo focolaio di Ebola (oltre 4000 morti).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Senza contare guerre, estremismi, rivalità religiose e politiche, le locuste e la siccità.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E' chiaro che i fattori che fanno pensare che l'arrivo del Corona virus in Africa sarà un'ecatombe vi sono tutti. A metà febbraio solo due laboratori medici (uno in Senegal e uno in Sudafrica) erano in grado di processare i tamponi e fornire una risposta sulla positività al coronavirus.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Allora qualcosa - fino ad ora - ha impedito una diffusione di massa e una strage nel continente. <b>La giovane età degli africani</b>, <b>le abitudini di vita all'aperto</b> e <b>una temperatura più alta</b> (la questione se il corona virus, contrariamente ai suoi simili, sia sensibile alle temperature è ancora oggetto di discussione nella comunità scientifica). Questi fattori finora stanno facendo la differenza. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In tutta l'Africa (con variazione tra Paese e Paese e all'interno dei singoli Paesi) sono state introdotti elementi di prevenzione. Chiusura delle scuole, distanziamento sociale, chiusura di attività produttive, allestiti rifugi per i senza tetto, coprifuoco e rinviato elezioni e feste religiose. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRl5S7mzEBMByzG5owDJrkF1-_IR1SSFQCYMIRXwRg6_AINesfHD-49wJwJIRrwqUp8P9TwYsGE2OiJ7OUk7o-kpCwfE8lwluhKk-H_su7uowKwHxDUURK14oPOQOcJ9BWOG6jMMMMZvNq/s1600/coronavirus_africa_controlli_afp-441x294.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="294" data-original-width="441" height="266" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRl5S7mzEBMByzG5owDJrkF1-_IR1SSFQCYMIRXwRg6_AINesfHD-49wJwJIRrwqUp8P9TwYsGE2OiJ7OUk7o-kpCwfE8lwluhKk-H_su7uowKwHxDUURK14oPOQOcJ9BWOG6jMMMMZvNq/s400/coronavirus_africa_controlli_afp-441x294.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E' sicuramente presto per fare previsioni (del resto questo virus ha insegnato che chiunque si sia sbilanciato in previsioni o minimizzazioni è drammaticamente stato smentito dai fatti). Certo l'Africa a suo vantaggio ha una naturale resistenza "alla vita" (e alla sue condizioni più estreme), una "familiarità" con la morte (altro tema che dalle nostre parti, giunti oramai a oltre 85 anni di aspettativa media di vita, eravamo convinti di aver "sconfitto"), un sistema giovane e dinamico capace di trovare soluzioni razionali e creative.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E se il continente fosse meno toccato dal virus? e se la sua fragile economia sapesse trarre profitto dal rallentamento su scala mondiale per chiudere un pò la forbice delle differenze? e se proprio dai laboratori africani (da anni in prima linea su molte patologie) arrivasse una soluzione per l'Umanità?</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">A presto</span><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: x-small;"><i>PS- tutte le foto sono tratte dalla rete</i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-4417144421154362392020-03-30T19:50:00.000+02:002020-03-30T19:51:12.570+02:00Ciao Raffaele!<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Non avrei mai pensato di salutare Raffaele Masto da questo blog. I dieci anni che ci separavano mi facevano sperare che avremmo smesso di scrivere, entrambi, prima di salutare questo mondo. Ancora più triste è farlo in questo modo. Perché Raffaele non è morto in una delle sue scorribande africane (in luoghi e tempi non sempre facili) ma nella sua Bergamo a causa di questo virus che ha messo in ginocchio il mondo. Ironia della sorte per un uomo che ha fatto della conoscenza diretta il suo mantra, del viaggio l'inchiesta e del girovagare la sua "fortuna" morire mentre si è chiusi in casa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN1f5UkjRHYIJRHft20sONbqxcE06DDo6DZ7Rsq70DSjRdZIz7Y1bi7954Eo1_idYVPiRHz2EBFVW5k4wVGvM01JPQTHt0061ZM-6pHqtYTtBGhhxn13ueNxrFjEuHHEYm_bkfnp_y3PiW/s1600/Nigeria_0028-1024x678.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><span style="clear: right; float: right; font-family: "verdana" , sans-serif; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: justify;"><img border="0" data-original-height="678" data-original-width="1024" height="262" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhN1f5UkjRHYIJRHft20sONbqxcE06DDo6DZ7Rsq70DSjRdZIz7Y1bi7954Eo1_idYVPiRHz2EBFVW5k4wVGvM01JPQTHt0061ZM-6pHqtYTtBGhhxn13ueNxrFjEuHHEYm_bkfnp_y3PiW/s400/Nigeria_0028-1024x678.jpg" width="400" /></span></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Raffaele è stato un testimone privilegiato e un critico appassionato dei fatti africani (e non solo, ma per l'Africa aveva una passione fuori dal comune). Lo ha fatto molto prima che le notizie si diffondessero così velocemente nella rete, quando per appurare i fatti, la verità e i risvolti meno conosciuti, bisognava andare sul posto, bisognava sporcarsi le mani e spesso rischiare la vita. Lo ha fatto con grande intelligenza, denunciando le ingiustizie e i sistemi di poteri che hanno massacrato l'Africa in quei anni e che hanno prodotto molte delle storture e dei drammi che ancora oggi osserviamo impotenti.</span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In uno dei suoi resoconti più intensi (<i>L'Africa del tesoro</i>, pubblicato nel 2006) Raffaele ci guida in un percorso tra enormi ricchezze e drammatiche povertà, tra saccheggi e ingiustizie, tra guerre e splendori di un continente che ha sempre fatto irritare chi lo ha frequentato e studiato.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Come scriveva appunto Raffaele "<i>c'è qualcosa che non va nel nostro mondo , se la popolazione di una nazione microscopica come il Belgio, che non ha risorse naturali, è tra le più appagate del mondo, mentre quella del Congo </i>(Repubblica Democratica del Congo ndr)<i>, che è definito uno "scandalo geologico" tanto è ricco di oro, diamanti, petrolio, rame, cobalto, uranio e legname pregiato, è invece tra le più povere"</i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Quella irritazione e quella rabbia che ha spinto sempre Raffaele a raccontare, a denunciare e rompere il silenzio dei grandi mezzi di comunicazione. Lo ha fatto con i suoi libri, con la "sua radio" (Radio popolare), con la "sua" rivista (<a href="https://www.africarivista.it/">Africa Rivista</a>) e con il suo blog (<a href="https://www.buongiornoafrica.it/">Buongiorno Africa</a>). </span></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ciao Raffaele, è una tristezza infinita scrivere del tuo ultimo viaggio e salutarti. Sapere di non poter più contare sulle tue idee, sulla tua saggezza e sulla tua passione, elementi che a me hanno sempre permesso di osservare le cose con occhi diversi, lucidi e critici, ma sempre umani e ricchi di emozioni, mi riempie di malinconia. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Continuerò a scrivere di Africa, come tu mi ha sempre incitato, lo farò ogni volta con un pensiero per te. </span></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
PS - Non ho mai conosciuto personalmente Raffaele. Ci siamo a lungo scritti perché poco dopo la nascita di Sancara mi giunse un suo messaggio (*) a commento di un mio articolo. Per me era un grande onore. Avevo letto tutti i suoi libri, avevo seguito (con una sana invidia e un pò di nostalgia) il suo pellegrinare nel continente nero alla ricerca di risposte alle tante domande che, chi ama l'Africa, si è spesso posto senza trovare facili risposte. Dialogare con Raffaele era un privilegio. Così condividemmo alcuni pensieri e di tanto in tanto commentavamo reciprocamente i nostri scritti. Ci fissammo anche un appuntamento, nel 2015, quando Raffaele era a Mestre e precisamente a Forte Marghera per un incontro e ironia della sorte non riuscii ad arrivare.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
(*)<span style="background-color: white; color: #4b4b4b; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 12px;">Trovo molto lucida questa analisi. In Sudafrica si scontrano le logiche che ormai in tutto il mondo sono contrapposte. Entrambe rientrano in una logica economica che non può che stritolare chi possiede meno potere. Ma ci sarà qualcuno, in questo pantheon di economisti infallibili che tutti i giorni ci ammaestrano sul fatto che non ci sono risorse, che abbia una visione diversa? Per esempio qualcuno che riesca a dire che il welfare non è necessariamente un costo, ma un investimento. E che in Sudafrica (ma in tutto il mondo) se qualche politico decidesse di dare a quei minatori un vero potere d'acquisto (direttamente in salario o, appunto, in Welfare) avvenimenti come quello di Marikana probabilmente non si verificheranno più.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="background-color: white; color: #4b4b4b; font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif; font-size: 12px;">Cmq grazie per le tue analisi. Per me sono sempre fonte di riflessione. Raffaele Masto.</span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-35287813891713627852019-10-10T18:44:00.001+02:002019-10-10T18:44:42.441+02:00Un telefono africano<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Era una notizia che si aspettava da tempo, troppo. Nei giorni passati è stato presentato in Ruanda il primo telefono completamente africano, prodotto dalla Mara Phones Factory. Si tratta di una azienda che non assembla pezzi di altri (come già avviene) bensì produce schede madri e componenti. Una eccellenza africana, con sede a Kigali, che ha lanciato nei giorni scorsi i primi due modelli, Mara X e Mara Z (uno da 16 Gb e l'altro da 32 Gb, smartphone di alta qualità al costo equivalente di 118 e 170 euro).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7SKXHiAOvMIY3mjK9g6WXqgqWp0Tp8S3TOHWbiqoopuz9vXDfW7aSuVctMj06Alivc6CHvvH-eO9FLwVDe2ncoYF4uNPPKuMoS2lKe3MJaFI8IeZDwSK3tBwJsMBULjhK-TrGgQqKndja/s1600/maxresdefault.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg7SKXHiAOvMIY3mjK9g6WXqgqWp0Tp8S3TOHWbiqoopuz9vXDfW7aSuVctMj06Alivc6CHvvH-eO9FLwVDe2ncoYF4uNPPKuMoS2lKe3MJaFI8IeZDwSK3tBwJsMBULjhK-TrGgQqKndja/s400/maxresdefault.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L'azienda cerca di penetrare nel mercato "panafricano", oggi in mano o ai cinesi o alle grandi aziende di telefonia, sfruttando anche i recenti accordi del Trattato di <a href="http://www.sancara.org/2019/07/il-libero-scambio-africano.html">Libero commercio nel continente africano</a>.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ma si distingue anche per altre ragioni tra cui il fatto che dei 200 dipendenti che per ora lavorano nella sede di Kigali, il 60% sono donne.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E' interessante anche il fatto che questa piccola rivoluzione tecnologica avviene nel paese che solo 25 anni fa è stato protagonista di uno dei più ignobili atti dell'era contemporanea.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Si tratta quindi, da qualsiasi parte si veda, di una grande bella notizia. Il mercato della telefonia in Africa è in grandissima espansione, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, avendo, di fatto tutta l'Africa, bypassato la tecnologia fissa e puntato direttamente alla telefonia mobile. </span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkCOeAmAj-plx0G0Emi1AFjlZedJG7b9GB5OR7a6PO7zoCVAuIlwnHypNcOU88WBz47NoWPYDIwWo4X29ojRM_7iejPHO8Y8UKwv2r_RvfjHl1cGgV3xP1TDr_eWAOYm8Rzr_mX5c7PoC7/s1600/03ruandafoniamobile03-696x420+%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="420" data-original-width="696" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhkCOeAmAj-plx0G0Emi1AFjlZedJG7b9GB5OR7a6PO7zoCVAuIlwnHypNcOU88WBz47NoWPYDIwWo4X29ojRM_7iejPHO8Y8UKwv2r_RvfjHl1cGgV3xP1TDr_eWAOYm8Rzr_mX5c7PoC7/s400/03ruandafoniamobile03-696x420+%25281%2529.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L'industria africana ha una grande necessità di svilupparsi secondo direttive proprie (non quelle imposte da altri che tendono a lasciare inalterati i rapporti di forza e dipendenza con gli ex coloni o con i nuovi coloni economici). Sarà importante verificare poi, con la produzione telefonica africana (la quale, se riuscirà a far scattare l'orgoglio africano, potrà conquistare una grandissima fetta di mercato a scapito di altri) anche le questioni etiche, come quelle dell'estrazione del <a href="http://www.sancara.org/2010/08/dal-coltan-al-cellulare-passando-per-il.html">coltan</a>, che a non molta distanza da Kigali, ancora oggi generano una strage di innocenti e alimentano una sanguinosa e oramai dimenticata guerra.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Insomma, molti sono i quesiti aperti e le incognite per il futuro. Quel che è certo è che lo sviluppo dell'Africa, la sua reale indipendenza e probabilmente il futuro del nostro pianeta risiede nella capacità di imprimere una reale inversione di marcia nelle dinamiche dell'economia mondiale. Non tutti, sia chiaro, saranno contenti di questa svolta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ecco <a href="https://www.cnbcafrica.com/videos/2019/10/08/mara-phones-opens-its-1st-smartphone-manufacturing-plant-in-rwanda/">la presentazione</a> della Mara Phones.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Anche la storia imprenditoriale del fondatore della Mara è molto singolare. Infatti <b>Ashish Thakkar</b>, ha oggi 38 anni. Di famiglia indiana emigrata in Uganda e costretta a lasciare il paese nel 1972 con la repressione di <a href="http://www.sancara.org/2010/07/le-anime-nere-dellafrica-idi-amin-dada.html">Idi Amin</a>, nacque in Inghilterra nel 1981 e assieme alla famiglia ritornò a vivere in Africa, in Ruanda. Ancora una volta, il genocidio del 1994, li costrinse ad emigrare prima in Burundi e poi ancora in Uganda come rifugiati. Nel 1996, a 15 anni, con un prestito di 5 mila dollari, fonda la Mara Group, importando pezzi di ricambio per computer da Dubai. Riesce a far crescere il gruppo anche in altri settori, quali servizi, agricoltura e immobiliare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Dopo alcune partnership azzeccate, nel 2009 lancia la Mara Foundation, un impresa non-profit, dedicata a supportare i giovani imprenditori africani. Nel 2012 è uno dei 10 giovani milionari africani, entrando poi nel gruppo degli imprenditori che dialogano con le Nazioni Unite e con i governi per uno sviluppo del continente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-43892258252181594032019-10-02T17:46:00.001+02:002019-10-02T17:46:06.364+02:00Dalla parte giusta del Pianeta<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Forse i nonni della mia generazione, quelli che hanno patito la guerra e la povertà, ricordano il significato, e qualcuno perfino l'esperienza, del "morire di fame". Viviamo in una società - la nostra - dove è molto più facile morire di esagerazione che di stenti. Dove è spesso il troppo a creare problemi alla nostra vita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Recentemente il World Food Program ha pubblicato la mappa della fame nel mondo, ovvero quei luoghi ove quasi un milione di persone muoiono di fame.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi84Kx8s8FfqyUhugI65ML2Rnj3i6_lWwWg-wfjNzG5cpP0wyBR_rg09HE6OW-6FqBt_Z-vs9PBtRjifB-8jVELza9BUd5cXZB9Be4JuiswbZUMoWCmkJp6E7DW9DARvXOh-0L6sZCk7Ho_/s1600/Schermata+2019-10-02+alle+16.27.31.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="951" data-original-width="1586" height="382" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi84Kx8s8FfqyUhugI65ML2Rnj3i6_lWwWg-wfjNzG5cpP0wyBR_rg09HE6OW-6FqBt_Z-vs9PBtRjifB-8jVELza9BUd5cXZB9Be4JuiswbZUMoWCmkJp6E7DW9DARvXOh-0L6sZCk7Ho_/s640/Schermata+2019-10-02+alle+16.27.31.png" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Inutile dire che un semplice sguardo alla cartina geografica ci mette nelle condizioni di comprendere una cosa molto semplice: siamo fortunati, abitiamo nella parte giusta del Pianeta!</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sia chiaro, questo non significa che i rimanenti 7 miliardi di abitanti del Pianeta se la pano tutti bene. Metà di loro (circa 3,5 miliardi) non sanno se domani potranno ancora mangiare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">A rafforzare questo quadro, non certamente piacevole per qualcuno, vi è un <a href="https://www.ilsole24ore.com/art/cosi-climate-change-rischia-far-esplodere-l-africa-e-sahel-AClfaxk">articolo apparso oggi</a> sul Sole 24 Ore (con una bellissima galleria fotografica che vi consiglio di guardare) che torna a mettere al centro della questione uno dei luoghi più a rischio "esplosione" del nostro Pianeta. Una bomba ad orologeria, qualcuno l'ha definita, <b>"l'area più vulnerabile" al mondo</b> per gli effetti del cambiamento climatico. Sicuramente un luogo dove povertà, voglia di scappare, malessere, senso di marginalizzazione, corruzione e violenze, stanno facendo covare un malcontento che prima o poi dovrà trovare sfogo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E' una storia lunga quella del Sahel, dove gli allarmi si ripetono da anni (vedi <a href="http://www.sancara.org/2012/04/nel-sahel-si-muore.html">questo post</a> di Sancara del 2012 o <a href="http://www.sancara.org/2012/02/la-crisi-alimentare-del-sahel.html">quest'altro</a> , sempre del 2012) ed ad ogni emergenza viene detto che bisogna intervenire, senza che poi mai, azioni concrete vengano messe in campo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Siamo a fronte della solita questione, lavorare sulle emergenze è più conveniente sotto ogni aspetto. E' più facile ottenere finanziamenti, è più facile impietosire l'opinione pubblica (mostrare un bambino denutrito e sofferente all'ora di cena, stimola maggiormente il senso di colpa e fa aumentare la voglia di espiare le proprie colpe prima di gettarsi nelle nostre abbondanti tavole), è più facile chiedere misure emergenziali che permettono di eludere norme e vincoli e così via.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Di anno in anno (un pò come fatto per il clima) abbiamo attuato questa tecnica: aspettare l'emergenza per agire. Il problema è che <b>lentamente siamo scivolati verso una concatenazione di eventi che è sempre più difficile fermare.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-dNB9eyYthl4dFACfZcqJaRWgekByuHh-1LgKcAz0ms-spM-6zuQo4tzoJRTbNaSCbACIsbU9ioqLtvAQKU3X-762NCJPOZA2_JAyU4qi7belEe-mMUcbTrDrVxATn9prrXCk0ww2_Jya/s1600/fame-sahel-oxfam-640x480.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi-dNB9eyYthl4dFACfZcqJaRWgekByuHh-1LgKcAz0ms-spM-6zuQo4tzoJRTbNaSCbACIsbU9ioqLtvAQKU3X-762NCJPOZA2_JAyU4qi7belEe-mMUcbTrDrVxATn9prrXCk0ww2_Jya/s400/fame-sahel-oxfam-640x480.jpeg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Oxfam</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Vi è un risvolto della medaglia che è bene mettere in luce. Gli studiosi di migrazioni hanno ben chiaro che <b>"si sposta solo chi dispone dei mezzi necessari per migrare"</b> (e su questo trafficanti di vario genere stanno facendo fortune), che in altri termini significa che <b>il controllo delle migrazioni passa attraverso il fatto che popolazioni molto povere non migrano.</b> In uno straordinario libro ("Fuga in Europa"), l'analista Stephen Smith sostiene che il potenziale migratorio africano verso l'Europa è di circa 150-200 milioni di persone, se (ed è questo il punto cruciale) le loro condizioni economiche miglioranno quel tanto da farli partire!</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Infatti, per ora, come sostiene l'Istituto Affari Internazionali, "le migrazioni dal Sahel sono praticamente nulle", mentre quasi tutti i Paesi dell'area sono zone di transito dove proliferano criminali di varia natura e quelle forze, crescenti negli ultimi tempi, di matrice anti-europea. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La bomba che abbiamo innescato probabilmente non ha più nessuna possibilità di essere fermata. La scommessa dei prossimi anni (non più decenni) è quella di trovare la chiave affinché l'esplosione venga ritardata più a lungo possibile.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-6990198297327276442019-07-08T14:23:00.002+02:002019-07-08T14:23:13.191+02:00Il libero scambio africano<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Non sappiamo ancora se l'accordo firmato il <b>7 luglio 2019</b> a Niamey in Niger sarà qualcosa che stravolgerà o meno gli scambi commerciali africani, certo è che si tratta di un fatto storico.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirebwuVv_HrD6xF6fUz-eKklKQvi0pzVfRmBEmf0IGBk_UlI2RPnW7puqy4v9fvk0qpBFOwRhrYFuPB2mByD9yQso23ImXCi8k7XYOGZzcY8nZa6a9Gg9pAGq34-m7sYIZha86bukFR8zr/s1600/africa.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="335" data-original-width="720" height="296" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirebwuVv_HrD6xF6fUz-eKklKQvi0pzVfRmBEmf0IGBk_UlI2RPnW7puqy4v9fvk0qpBFOwRhrYFuPB2mByD9yQso23ImXCi8k7XYOGZzcY8nZa6a9Gg9pAGq34-m7sYIZha86bukFR8zr/s640/africa.jpeg" width="640" /></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Con un accordo fortemente voluto dall'Unione Europea, che ha lavorato per due anni negoziando con tutte le parti, e siglato da 53 stati africani su 54 (per ora solo l'Eritrea non ha ratificato il trattato, mentre è stato firmato dalla Repubblica Democratica Araba Autoproclamata del Sarahawi), si avvia un'area di libero scambio continentale africano (AfCFTA) che di fatto dovrebbe (per ora è un condizionale) rendere più convenienti gli scambi inter-africani rispetto a quelli con l'Europa o la Cina. Oggi infatti solo il 17% degli scambi commerciali in Africa avvengono tra paesi africani (per capirci in Europa siano al 70% e in Asia al 60%). Secondo le proiezioni il mercato interno dovrebbe aumentare del 52,3% in meno di 3 anni.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Per capirci si auspica che i supermercati africani non saranno più per oltre il 90% composti da prodotti provenienti dall'Europa, dall'Asia e dal Nord America, bensì saranno invasi da prodotti locali, soprattutto di quei Paesi che già oggi hanno la tecnologia industriale sufficientemente avanzata.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Si tratta dell'area di libero scambio più grande al mondo (oltre 1,2 miliardi di persone coinvolte) e forse, di una primo ed importante passo verso la fine del colonialismo, quello economico, naturalmente.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In pratica tutte le tariffe doganali oggi esistenti saranno eliminate. Si tratta ora rapidamente di giungere ad una regola del "made in Africa" che impedisca a prodotti (soprattutto cinesi) che arrivano in uno dei dieci paesi con cui il colosso asiatico ha un accordo, di circolare liberamente in tutti gli altri Paesi.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Un accordo giunto dopo 17 anni di negoziati ed è stato firmato dai primi 24 Paesi nel marzo 2018 (nella foto in alto).</span><br />
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Come è già avvenuto in altre parti del pianeta, se da una parte l'accordo sul libero scambio favorisce la circolazione delle merci, dall'altro le preoccupazioni riguardano la circolazione dei diritti e delle libertà democratiche che in alcuni contesti si contraggono invece che espandersi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Proprio con queste paure organizzazioni non governative come Action Aid e Terres des Hommes hanno lanciato un incontro della società civile con lo slogan "Giriamo la pagina".</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Resta il fatto che lo sviluppo africano passa attraverso la produzione interna, cosa finora ostacolata sicuramente dalle barriere doganali ma, e soprattutto, dalle politiche neo-coloniali che hanno imposto, di fatto, l'acquisto di gran parte dei beni nelle ex-colonie. Secondo alcuni il negoziato è stato chiuso perché i Paesi ex-coloni hanno iniziato a temere l'invadenza economica cinese che si fatto, ha messo all'angolo in molti Paesi, i paesi che finora avevano tessuto le maglie (deboli) delle economie africane.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E' chiaro che l'aumento degli scambi interni africani porterà ad una contrazione delle esportazioni europee verso l'Africa in particolare in quei settori che meno necessitano di alta tecnologia. La speranza è che l'accordo favorisca soprattutto la produzione industriale africana e la creazioni di nuovi, e vitali, posti di lavoro.</span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-61142234442596129492019-04-12T18:15:00.002+02:002019-04-12T18:15:55.558+02:00Prima del golpe in Sudan<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Quello che si è consumato ieri in Sudan è sicuramente un fatto storico per il Paese. Il golpe militare che ha destituito, dopo quasi 30 anni (era salito al potere con un colpo di stato il 30 giugno 1989), il generale <b>Hassan Omar Al Basihir </b>potrebbe trasformare il paese "arabo-africano" per sempre a distanza di 60 anni dalla sua indipendenza e dopo decenni di travaglio politico, economico e militare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrTANNGUGIfbKLOT1p581U73JA6X3ljqCwTWR3qu0020rB0WX-yf5hbLzPnzTKxsEZYR3OhnlRxu5TI-uG4jmrShFxDaev5_p1JdVzm3tXM9ms7QeZGTqbsxdg88L4aasqr-IPw172_1Zu/s1600/sudan.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="523" data-original-width="823" height="253" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrTANNGUGIfbKLOT1p581U73JA6X3ljqCwTWR3qu0020rB0WX-yf5hbLzPnzTKxsEZYR3OhnlRxu5TI-uG4jmrShFxDaev5_p1JdVzm3tXM9ms7QeZGTqbsxdg88L4aasqr-IPw172_1Zu/s400/sudan.png" width="400" /></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">I colpi di stato hanno caratterizzato il Sudan (che solo recentemente, nel 2011, si è diviso in due stati, con la nascita del Sud Sudan) sin dalla sua indipendenza, avvenuta, tra i primi paesi post coloniali africani - il <b><a href="http://www.sancara.org/2015/01/1-gennaio-1956-sudan.html">1 gennaio 1956</a> -</b> dopo anni di controllo coloniale inglese e successivamente anglo-egiziano.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">In realtà il Paese nasce già con una guerra civile in corso, iniziata nel <b>1955</b>, quando la parte del sud del paese (cristiana e animista oltre che etnicamente diversa) chiede l'indipendenza contro la parte del nord del Paese (mussulmana e dominante).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Infatti, il primo colpo di stato avvenne la notte tra il <b>17 e il 18 novembre 1958</b>, quando il generale Ferik Ibrahim Abbaud prende il potere. La giunta militare dopo aver sospeso tutti i diritti civili ed aver espulso tutti i missionari, cade nel 1964 sotto pressione delle opposizioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il <b>24-25 maggio 1969</b> avviene il secondo colpo di stato, ad opera del Colonnello Giafa Muhammaud Nimeiri che instaura una politica nazionalista, di stampo nasseriana (cioè ispirata al vicino Egitto guidato all'epoca da <a href="http://www.sancara.org/2013/07/23-luglio-1952-i-liberi-ufficiali.html">Nasser</a>) e con l'appoggio dell'Unione Sovietica. In realtà quest'ultima alleanza, nella sfera socialista dura poco. Nel 1971 al seguito di un tentato golpe (dura solo tre giorni) attuato dall'ala dei militari di sinistra (guidati da Colonnello Al-Attah) il governo sudanese vira le sue alleanze verso l'occidente e mette al bando il Partito Comunista (con cui era alleato) e dopo aver catturato Al-Attah in Libia, lo giustizia.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il <b>27 febbraio 1972</b> segna una data storica, perché viene firmato ad Addis Abeba una accordo di pace tra governo e il Movimento di Liberazione del Sudan Meridionale, che pone fine ad una guerra civile che si protrae dal 1955, e in cui la province del sud ottengono autonomia regionale. Pace che purtroppo durò poco, perché nel <b>1983</b> a seguito di alcuni interventi che "spezzettavano" i poteri al sud del paese, della crisi economica che avanzava e all'introduzione della sharia (legge islamica) nel codice penale, nel sud del paese riprese la guerra civile con la nascita dello SPLA (Esercito Popolare per la Liberazione del Sudan) guidata dal colonnello John Garang (figura chiave nella lotta alla nascita del Sud Sudan, ucciso pochi mesi prima delle dichiarazione d'indipendenza) la guerra civile riprese, in modo, se è possibile, più sanguinosa.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La guerra e la carestia portarono all'attenzione del mondo la questione del Sudan. Le immagini di bambini malnutriti che letteralmente morivano per strada pur scuotendo le opinioni pubbliche mondiali non riuscirono ad incidere sugli sviluppi delle questioni sul campo. <b>Si stima che oltre 2 milioni di persone sono morte di fame e altre 4 milioni sono state costrette a scappare.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il <b>6 aprile 1985</b> avviene un nuovo colpo di stato, i militari prendono il potere guidati dal Generale Abdul Rahman al Dahab, che promette di cedere in un anno i poteri ai civili. Cosa che, sorprendentemente, avviene. Il <b>12 aprile 1986</b> si svolgono le prime elezioni libere del Paese e a maggio diventa Primo Ministro Siddiq al-Mahdi, del partito UMMA che aveva vinto le elezioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzbD-5oSwlS_J_0Omi-aPZtjOTjYPpdte26K1Ptsl18per7mi3gMXoKGDYJlVj_qRMk9bGgWeZgBgk79znsLqnPeXQM-3AetJKeJNTA12TGvSyEY0J9dwp4X8WUPlcPUt20quAjuZvox5a/s1600/ufdhdbsemvvicwh5qqkl.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="289" data-original-width="463" height="248" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzbD-5oSwlS_J_0Omi-aPZtjOTjYPpdte26K1Ptsl18per7mi3gMXoKGDYJlVj_qRMk9bGgWeZgBgk79znsLqnPeXQM-3AetJKeJNTA12TGvSyEY0J9dwp4X8WUPlcPUt20quAjuZvox5a/s400/ufdhdbsemvvicwh5qqkl.jpeg" width="400" /></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Mentre si erano ripresi i contratti per gli accordi di pace con il sud e si stava implementando una nuova via d'intesa, i militari riprendono il potere e il <b>30 giugno 1989</b> il generale <b>Hassan Omar Al-Bashir,</b> ritenuto un fondamentalista islamico, prende il potere e la guerra civile si riaccende, in modo più acuto.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Al Bashir è uno dei personaggi chiave della storia degli ultimi trent'anni del Sudan (e non solo). Nato nel 1944, si arruola giovanissimo, studia nell'accademia militare al Cairo (dove tra l'altro combatte con l'esercito egiziano contro Israele durante a guerra del Kippur nel 1973) e ascende rapidamente i gradi dell'esercito divenendo paracadutista. Viene posto a capo delle operazioni militari contro la SPLA. Salito al potere si allea con l'altro personaggio chiave degli ultimi decenni in Sudan, <b>Hasan al-Turabi</b>, ideologico del Fronte Islamico Nazionale (e più in generale del Sudan) che ha contribuito fortemente all'introduzione della sciaria in Sudan ed ha favorito e protetto <a href="http://www.sancara.org/2011/05/osama-bin-laden-e-lafrica.html">Osama bin Laden</a> quando, dal 1990 al 1996, ha fatto del Sudan la sua base. Al Turabi andò in conflitto con Al Bashir solo nel 1999 (fu anche arrestato nel 2004) ed è morto nel 2016 a 84 anni.</span><br />
<br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il Sudan di Al Bashir ha ospitato terroristi internazionali del calibro di Ilich Ramirez Sanchez (detto Carlos lo Sciacallo, oggi in carcere in Francia), Abu Nidal (terrorista palestinese ucciso a Baghdad nel 2002) e appunto Osama Bin Laden, ha appoggiato le mire espansionistiche di Saddam Hussein quando invase il Kuwait, ha commesso immani crimini in <a href="http://www.sancara.org/2010/09/darfur-la-piu-grave-crisi-umanitaria.html">Darfur</a> (dove è accusato dalla Corte Internazionale - con un mandato di cattura del 2009 - di crimini contro l'umanità e crimini di guerra contro la popolazione inerme del Darfur) e, cosa peggiore, ha fomentato una sanguinosa guerra civile nel Sud Sudan che si è parzialmente risolta con <a href="http://www.sancara.org/2012/07/9-luglio-2011-il-sud-sudan-e.html">l'indipendenza del Sud Sudan nel 2011</a>.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Insomma, l'uomo che è caduto in Sudan, dopo quasi 30 anni di potere è un criminale, ha insanguinato e martoriato le popolazioni inermi del suo Paese, costringendole alla fame e alle violenze. Ha protetto e (secondo alcuni) contribuito ad organizzare il terrorismo internazionale di matrice islamica e a partire dal 2003 ha coperto (quando non organizzato direttamente) una strage (o un genocidio, secondo alcuni) che secondo le Nazioni Unite ha lasciato sul campo oltre 700 mila morti (tra fame e guerra) e provocato quasi 2 milioni di rifugiati.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Di quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni, ne parleremo in un prossimo post.</span><br />
<br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
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<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-42399286751946559142019-02-03T18:40:00.001+01:002019-02-03T18:40:38.832+01:00Libri sull'Africa: GraceLand<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpJCObHEKOCEbg0Skcb0qVOFEj8WEHo_n_UvsuwbFYzXqcMdEh996Tz9pUwVM9tbkkkVr8oLfylzhpDf6bjUyJ5BpfDBS6focX6UwtzCVzF_2W8kRHJIIcH7f-zD9T3s7nDGkvklp0vKNM/s1600/download.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="283" data-original-width="178" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpJCObHEKOCEbg0Skcb0qVOFEj8WEHo_n_UvsuwbFYzXqcMdEh996Tz9pUwVM9tbkkkVr8oLfylzhpDf6bjUyJ5BpfDBS6focX6UwtzCVzF_2W8kRHJIIcH7f-zD9T3s7nDGkvklp0vKNM/s320/download.jpeg" width="201" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><i><b>GraceLand</b></i> è un libro del <b>2004</b> scritto dal nigeriano <b>Chris Abani </b>e pubblicato in Italia da <b>Terre di Mezzo</b> nel 2006.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E' un libro che racconta la storia, ambientata negli anni '80, di Elvis Oke, uno dei tanti ragazzi arrivati a Lagos, che vive nel ghetto di Maroko. Elvis che ha sedici anni ha dei sogni come ogni ragazzo della sua età, vuole fare il ballerino come il suo idolo Elvis Presley. Ama la musica e i libri ma, sbarcare il lunario non è facile. L'altro suo sogno è quello di fuggire, di andare negli Stati Uniti.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il libro alterna le vicende odierne con quelle di quando Elvis era ragazzino e abitava a Akikpo, nel Biafra. Prima e dopo la morte della madre.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Con lui il padre Sunday, che un tempo era stato un uomo ascoltato e rispettato e che ora è prigioniero del suo fallimento e dell'alcol. Un padre che ricorda che "</span><i style="font-family: Verdana, sans-serif;">Una volta, da queste parti, il nome era tutto quello che possedevi, prima che iniziasse questa nuova follia del denaro. Era il nome a darti la misura di un Uomo"</i><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> e l'anziana nonna Oye, temuta da tutti perché legata alle tradizioni e agli incantesimi che ancora sopravvivono nel Paese.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Elvis viene coinvolto dal suo amico Redemption in loschi traffici di pezzi di ricambio per altri uomini che possono pagare, che gli consentiranno di vedere gli aspetti più ignobili dell'animo umano.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un libro bello, a volte duro, scritto con grande eleganza e acume. Che non trascura mai i particolari così come prova a spiegare parte delle rapide trasformazioni della società nigeriana. Una scrittura diretta capace anche di far sorridere e comunque senza mai cadere nel vittimismo, semmai con la consapevolezza di un popolo addormentato dalla fame che rinuncia al suo unico e vero valore, la tradizione, per accontentare il volere degli occidentali e le sue regole economiche.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Uno spaccato della società nigeriana che anticipa molte delle trasformazioni che sono in corso e che hanno minato fortemente le radici della società gettandola in un caos dove è sempre più difficile vedere la luce.</span></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Graceland è il nome della maestosa tenuta di Elvis Presley a Memphis, dove il cantante visse a lungo e dove è morto il 16 agosto 1977.</span></div>
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>Chris Abani</b> è nato nel 1966 da padre <a href="http://www.sancara.org/2011/03/popoli-dafrica-igbo.html">igbo</a> e madre inglese. Autore scomodo che dopo aver pubblicato i suoi primi romanzi giovanissimo (a 16 anni) è stato incarcerato (a 18 anni!) e torturato. Costretto all'esilio dal 1991 ha vissuto in Gran Bretagna e dal 1999 negli Stati Uniti dove insegna all'University of California. Oltre a scrivere, suona il sassofono.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ecco il suo <a href="https://www.chrisabani.com/">sito personale</a>.</span></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Vedi la pagina di Sancara, <a href="http://www.sancara.org/p/libri-e-film.html">Libri e Film dall'Africa</a></span><br />
<br />Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-48281272756259316062019-01-16T18:48:00.001+01:002019-01-16T18:48:56.990+01:00Una speranza dall'Etiopia<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit_YKlXoE81PIH8dBTpjexLhyphenhyphen92mEkq7VOC5I7o_BK9ftgwOJZzTvVFKEO7PKCYZLgG27TTkCxfpLyuDx1iNykOY9SlUkbgGMcq0bx0wx14OntnXk6P3nTAKUE-ZG8eMouVE3pIK06maAI/s1600/RTX6D6F4-e1539710296652.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="534" data-original-width="950" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEit_YKlXoE81PIH8dBTpjexLhyphenhyphen92mEkq7VOC5I7o_BK9ftgwOJZzTvVFKEO7PKCYZLgG27TTkCxfpLyuDx1iNykOY9SlUkbgGMcq0bx0wx14OntnXk6P3nTAKUE-ZG8eMouVE3pIK06maAI/s400/RTX6D6F4-e1539710296652.jpg" width="400" /></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">L'Etiopia è una terra di grande cultura e di storia. Dagli studiosi è considerata uno dei luoghi dove si sono sviluppati gli esseri umani. Ritrovamenti, anche recenti, hanno fatto emergere ossa di progenitori degli uomini vissuti oltre 4 milioni di anni fa. L'Etiopia è anche il luogo dove si sono sviluppati, in epoche sicuramente più recenti, regni di grande importanza come il Regno di Axum (I secolo A.C. - X secolo) e successivamente l'Impero d'Etiopia (1137-1975).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">L'Etiopia è stata soprattutto in grado, unico caso nel continente africano, di respingere i tentativi di colonizzazione e a parte un breve periodo (1936-1941) in cui fu occupata dalle truppe italiane ebbe sempre sovranità sul suo territorio.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La storia moderna dell'Etiopia è stata caratterizzata dal ruolo prima dell'ultimo imperatore, Tafarì Maconnen (Haile Selassie) che regnò dal 1930 al 1974 (a parte l'esilio in Inghilterra durante l'occupazione italiana) e successivamente dalla figura del Negus rosso, Menghistu Hailè Mariam, che dopo aver detronizzato Salassie e ucciso in prigione l'anno dopo, dal 1977 al 1991 (quando fu deposto) instaurò una sempre più feroce dittatura.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">La nascita della Repubblica Federale Democratica guidata da Meles Zenawi, anch'egli di etnia tigrina (minoranza nel Paese e come il fronte di liberazione dell'Eritrea, con cui si era alleato per destituire Menghistu) dal 1991, e la conseguente nascita dello stato dell'Eritrea nel 1993 sembrava avviare il Paese verso una possibile soluzione di tutti i suoi mali, ma non fu così. </span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il paese, per una disputa di confini, nel 1998 riaccese una guerra con la confinante Eritrea, i cui costi, sommati alle frequenti carestie di alcune aree del Paese hanno causato effetti devastanti sull'economia.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Nel 2012 Zenawi, a soli 57 anni, morì a Bruxelles, lasciando un Paese in ginocchio nelle mani del suo vice, Haile Mariam Desalegn e alle prese con una nuova e drammatica siccità iniziata nel 2011. La situazione si è strascinata, tra brogli elettorali, proteste e repressioni, mentre si manteneva viva la guerra di confine con l'Eritrea, oramai quasi dimenticata e di cui quasi non si parlava più.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Quando il 15 febbraio 2018 Desalegn si dimette, la sensazione diffusa è che il Paese è vicino ad una guerra civile. La piazza è in tumulto e la rivolta si diffonde a macchia d'olio. Dopo aver dichiarato lo stato di emergenza, due mesi dopo viene eletto Primo Ministro un giovane (42 anni) di etnia Oromo , <b>Abiy Ahmed Alì.</b></span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6x4_BCArtP_uPLSCkU9PNuBjJbcsyN6AzGZ9Q2C8iVgjAlpv8uGn-HjwZ6dKerlZCrT-qvcbJitAzLeDRp3VYUry54ExWvDQ1qAHHkjDmkYJVng8WBqYpExTt-f5K7ryjsKxYarLM6F_h/s1600/download.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="185" data-original-width="272" height="217" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6x4_BCArtP_uPLSCkU9PNuBjJbcsyN6AzGZ9Q2C8iVgjAlpv8uGn-HjwZ6dKerlZCrT-qvcbJitAzLeDRp3VYUry54ExWvDQ1qAHHkjDmkYJVng8WBqYpExTt-f5K7ryjsKxYarLM6F_h/s320/download.jpeg" width="320" /></a></div>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Abiy, riformista con un passato nell'esercito (era tenente-colonnello) e due lauree in Business Amministrazione e poi in Filosofia, ottenute tra il Sudafrica, Londra e l'Etiopia, membro dell'ODP (Oromia Democratic Party) diventa il primo ministro della storia dell'etnia maggioritaria (40%) del Paese, gli Oromo.</span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Nel suo discorso di insediamento annuncia profondi cambiamenti e riforme. Fin qui, si direbbe, tutto normale. Abbiamo visto ovunque nel mondo nuovi leader annunciare grandi cose durante la campagna elettorale o nei primi giorni del loro mandato e poi disattendere puntualmente tutte le promesse. </span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il cambiamento non è una questione di belle parole o di annunci (come qualcuno, anche vicino a noi, vuol far credere) bensì un insieme di coerenti e coraggiosi atti. Abiy questo lo sa. Nei primi 100 giorni del suo mandato, libera migliaia di prigionieri politici, dichiara finito lo stato di emergenza, ammette l'uso delle tortura da parte dei servizi di sicurezza e rimuove i funzionari coinvolti e annuncia privatizzazioni in molti settori.</span><br />
<span style="font-family: verdana, sans-serif;">Ma la sua mossa più sorprendente è che si reca ad Asmara e, chiamando gli eritrei amici, mette fine a due decenni di guerra. Ritira le truppe e soprattutto in poco tempo ristabilisce collegamenti telefonici e aerei con l'Eritrea e favorisce il dietro delle persone in esilio. Insomma, come hanno avuto modo di commentare illustri esponenti della cultura etiope "<b>quello che sta succedendo in questo paese va oltre i nostri sogni e la nostra immaginazione".</b></span><br />
<span style="font-family: verdana, sans-serif;"><b><br /></b></span>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSLSE86fqqwDUFlQes6SBsHSBx79GGgonFT9Qxzw_cXhhKbIWGmuw0GrYENcjcodrEW8FDr9v4IqZNfSeKZf74g0P-ZTnQMEiaimJ9DNSnRFGKcIUO1ZQyHGcPAoXuBGbS0IhraV4sMPEF/s1600/260px-Sahlework_Zewde.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="247" data-original-width="260" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSLSE86fqqwDUFlQes6SBsHSBx79GGgonFT9Qxzw_cXhhKbIWGmuw0GrYENcjcodrEW8FDr9v4IqZNfSeKZf74g0P-ZTnQMEiaimJ9DNSnRFGKcIUO1ZQyHGcPAoXuBGbS0IhraV4sMPEF/s1600/260px-Sahlework_Zewde.jpg" /></a></div>
<span style="font-family: verdana, sans-serif;">Certo bisognerà ancora aspettare le reazioni del Paese (soprattutto di esercito e servizi), ma a quasi un anno di distanza non solo è ancora una speranza per il Paese e le sue riforme continuano a crescere ma, è riuscito anche a stabilizzare il Paese e consolidare la via dell'uscita da un tunnel, quando il 18 ottobre 2018 è stata eletta Presidente dell'Etiopia Sahle-Uork Zeudè, prima donna a ricoprire questo incarico nella storia etiope e soprattutto diplomatica con una grande esperienza di relazioni internazionali e all'interno delle agenzie internazionali. Nello stesso giorno Abiy ha ridotto il suo governo da 28 a 20 membri, di cui 10 (il 50%) donne.</span><br />
<span style="font-family: verdana, sans-serif;">L'Etiopia è un paese con oltre 100 milioni di abitanti (dove assieme ad una spiccata modernità convivono ancora tradizioni e culture antiche), con un PIL che viaggia vicino alla doppia cifra da anni (8%), con una posizione strategica nel Corno d'Africa e con una grande responsabilità nel grande flusso delle migrazioni di massa verso l'Europa e verso il Medio Oriente.</span><br />
<span style="font-family: verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: verdana, sans-serif;">La speranza che uomini come Abiy - che continua ad essere molto amato dalla gente - possano trascinare l'Africa verso sviluppo e ricchezza - è oggi qualcosa di più di una semplice utopia!</span><br />
<span style="font-family: verdana, sans-serif;"><b><br /></b></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>
<br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-47089122525560970492018-11-10T16:34:00.003+01:002018-11-10T16:34:28.544+01:00Nella terra di nessuno<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Migingo è una minuscola isola sul lago Vittoria. Tecnicamente sembra essere terra di nessuno, contesa come è tra Kenya e Uganda, che periodicamente ne rivendicano la proprietà. Da oltre 10 anni la disputa interessa governi e ministeri senza giungere però ad una soluzione. Recentemente (<a href="https://www.standardmedia.co.ke/ureport/story/2001295833/drama-as-uganda-police-storm-migingo-island-lower-kenya-s-flag">settembre 2018</a>) la polizia ugandese ha issato la bandiera sull'isola scatenando l'ira del Kenya e di molti abitati (l'80% sono kenioti). Naturalmente dell'isola non interessa molto ma, con essa si stabiliscono anche i diritti di pesca su di una parte del Lago Vittoria.</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiv2cY6DLdD9cLsdjyVcZK5hqH0Iqz-P43XJobPA1Rma9J4p5z5PHe5w4PLjqok7nASmvcDDA83M5_1WFQ-QzRlGTk0VgsxlWloI9Ykj5IKi2BN3AzWLY9svK3GuTTRDpUNBl87ruryqB1T/s1600/58175d31b9391921008b49f7-480-360.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="480" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiv2cY6DLdD9cLsdjyVcZK5hqH0Iqz-P43XJobPA1Rma9J4p5z5PHe5w4PLjqok7nASmvcDDA83M5_1WFQ-QzRlGTk0VgsxlWloI9Ykj5IKi2BN3AzWLY9svK3GuTTRDpUNBl87ruryqB1T/s400/58175d31b9391921008b49f7-480-360.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto dalla rete</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il fatto è che con circa 500 abitanti in 0,002 chilometri quadrati (2000 metri quadri) la densità di popolazione è la più alta al mondo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La storia di questa isola inizia nel 1991, quando due pescatori kenioti Dalmas Tempo e George Kibebe, si trasferiscono sull'isolotto allora un ammasso roccioso con erbacce e qualche serpente.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Dal 2004 sono giunti altri e poi altri ancora e le baracche in lamiera hanno occupato ogni centimetro quadrato dell'isola. Sono pescatori che giungono da Kenya, dall'Uganda e dalla Tanzania.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il motivo è che le acque attorno all'isola sono pescosissime (dell'unico pesce oggi esistente, il Persico del Nilo o Persico africano come lo troviamo sui banchi del supermercato) e nessuno vuole muoversi da lì, anzi, altri vogliono arrivare.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L'isola - che dista 3 ore dal Kenya e 6 dall'Uganda con le imbarcazioni a motore esistente - ha anche quattro pub, una farmacia, un barbiere e qualche bordello dove vivono prostitute e i loro figli.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La cosa strana è che Migingo si trova molto vicina ad un'altra isola, più grande, che è completamente disabitata. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Vi rimando a <a href="https://www.theguardian.com/artanddesign/gallery/2018/oct/24/life-on-the-tiny-island-of-migingo-in-pictures">questo link</a> con alcune belle immagini del The Guardian sulla vita sull'isola</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Tutto questo è perfino una questione di colore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il dramma vero è che il Lago Vittoria in questo momento, a causa anche della deforestazione, dei cambiamenti climatici, delle migrazioni e della povertà che continua a cresce ospita e permette la vita a <b>due milioni di persone.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un numero che ha fatto collassare, negli ultimi 3 anni, dell'80% le risorse ittiche del Lago e che, secondo il Dipartimento di Pesca del Kenya e in accordo con i biologi marini, il lago ha bisogno di uno stop alla pesca per potersi, in cinque anni, riprendersi. Insomma i pescatori stanno distruggendo la loro fonte di vita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Detta così però è troppo facile. Il fatto è che alternative alla pesca in quest'area non ve ne sono. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Siamo di fronte ad una bomba ad orologeria (e non parlo dei 500 disgraziati di Migingo), ma di intere popolazioni che vivono attorno al Lago Vittoria (che già oggi vivono in un vero e proprio girone infernale) che tra non molto si troveranno senza cibo e senza alternative e andranno ad aumentare i conflitti che già in quell'area sono permanenti e in crescita.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sul lago Vittoria e sull'introduzione del Pesce Persico vi invio a guardare il documentario del 2004 "<a href="http://www.sancara.org/2011/06/cinema-lincubo-di-darwin.html">L'incubo di Darwin</a>".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><i>PS - Ringrazio l'amico Michele che mi dato l'idea di parlare di questa minuscola isola e del Lago Vittoria.</i></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-83705716668778366962018-10-05T19:19:00.000+02:002018-10-05T19:19:00.524+02:00L'uomo che ripara le donne<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il premio <b>Nobel per la Pace 2018</b> è stato dato al ginecologo congolese <b>Denis Mukwege</b> (assieme alla yazida Nadia Murad) per l'impegno contro gli stupri di guerra. Verrebbe da dire, finalmente! </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqsid4yTgP-XjUlb4CmPNoe98o9vGC54NUWag4kPVox2ZGK38P2nI7mG_DhFvQtI-4zYUC9hjyb8v2zU4Psm_w02LM_iyNeto7ci7KM9bsS4Zd6jKii-LzEB5CPLV_TjiRQQlhZiP8kAbr/s1600/skynews-denis-mukwege-nobel-peace-prize_4443792.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><img border="0" data-original-height="563" data-original-width="750" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhqsid4yTgP-XjUlb4CmPNoe98o9vGC54NUWag4kPVox2ZGK38P2nI7mG_DhFvQtI-4zYUC9hjyb8v2zU4Psm_w02LM_iyNeto7ci7KM9bsS4Zd6jKii-LzEB5CPLV_TjiRQQlhZiP8kAbr/s400/skynews-denis-mukwege-nobel-peace-prize_4443792.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Mukwege, che oggi ha 63 anni, dopo aver studiato in Burundi e in Francia dove si specializza in ginecologia e ostetricia, torna nel 1989 nel suo paese, la Repubblica Democratica del Congo, dove nel 1999 fonda l'ospedale di Panzi, nel Kivu meridionale, dove si impegna a curare le donne che vengono violentate e mutilate. Sin dal 2012 Mukwege denuncia, inascoltato, la situazione delle donne nella Repubblica Democratica del Congo e del Kivu in particolare. Più volte è stato attentato all sua vita. Ma nulla si è mosso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il nome "l'uomo che ripara le donne" fu coniato dalla giornalista belga Colette Braeckman che lavora per Le Soir e per Le Monde Diplomatique e che ha approfondito molto la questione del genocidio ruandese (che è strettamente collegato alle violenze del Kivu), dell'uso dei bambini soldato e della violenza sulle donne in quell'area dimenticata del nostro pianeta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Mukwege che nel corso delle sua carriera medica ha curato oltre 50 mila donne vittime di orrendi stupri ha raccontato in ogni luogo la follia dei macellai che usano lo stupro come arma di guerra.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Si perché sia chiaro, non stiamo parlando di uomini, ma di bestie, bestie che non esitano a gettare benzina nella vagina delle donne appena stuprate e poi darle fuoco, che non esitano a mutilare seni e mani di giovanissime donne, che non esitano ad usare ogni sorta di oggetti accanendosi su donne inermi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>Bestie, macellai, uomini di merda, criminali o mostri, poco importa.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ma non sono diversi i potenti del pianeta che nonostante le denunce non hanno mosso un dito, non hanno pensato che nessuno difende quelle donne e che il lavoro di Mukwege è solo quello di riparare pezzi di carne, oramai svuotate da qualsiasi parvenza di umano. Il suo, sia chiaro è un lavoro immane, ma resta quello di un uomo di scienza che affronta una situazione che solo a pensarla mette i brividi.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHqu6GYHlhiV1jNmE8LYj5YBkfosfIDDuUAhZxV-MW_jTh719dBs1NPSKFBS7q9UpD2RogDg47D19FvRrBCIXLz9A4YKJ2D2ji4l_570nJ0pWySm0agsoCO61VlpTwDspkdiXM-rQUMk7m/s1600/04.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="332" data-original-width="500" height="265" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhHqu6GYHlhiV1jNmE8LYj5YBkfosfIDDuUAhZxV-MW_jTh719dBs1NPSKFBS7q9UpD2RogDg47D19FvRrBCIXLz9A4YKJ2D2ji4l_570nJ0pWySm0agsoCO61VlpTwDspkdiXM-rQUMk7m/s400/04.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>Siamo onesti, i premi Nobel o ancora il premio Sakharov del 2014, non servono a nulla. </b>Accenderanno forse i riflettori su un tema conosciuto e stra-conosciuto da anni (nel numero 984 del 25 gennaio 2013 di Internazionale, oramai oltre 5 anni fa, potete leggere un corposo articolo proprio su Denis Mukwege, dove purtroppo, si dicono le stesse cose di oggi).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Lo donne pagano un prezzo enorme per colpa del ricco sottosuolo del Kivu (vedi <a href="http://www.sancara.org/2012/11/lultima-guerra-del-kivu.html">questo post</a> si Sancara ed il suo aggiornamento su <a href="http://www.sancara.org/2012/11/continua-indisturbata-la-mattanza-nel.html">questo post</a>, articoli del 2012) dove si estraggono minerali e metalli preziosi di ogni tipo (dal coltan per i nostri smartphone, all'oro, lo zinco, il tungsteno e lo stagno).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Recentemente (dicembre 2017, vedi <a href="http://www.sancara.org/2017/12/attacco-ai-caschi-blu-quali-sono-gli.html">questo post</a>) perfino i caschi blu che da quasi vent'anni sono nella Repubblica Democratica del Congo, sono stati attaccati. Gli interessi in gioco sono enormi e le bande di criminali crescono come i funghi per accaparrarsi una fetta, più o meno importante, della torta.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">E dove le armi, che arrivano a fiumi nel paese, non bastano ecco un'arma infame, come quella degli stupri, capace di incidere non solo sul momento ma, devastando il futuro di intere popolazioni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><b>Non spegnere i riflettori non è più auspicabile ma un'imperativo per il genere umano.</b></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Si legga il post di Sancara, <a href="http://www.sancara.org/2010/09/stupri-di-massa-uninfamia-dellumanita.html">Stupri di massa, un'infamia dell'umanità</a></span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-40242945214398822572018-10-03T08:10:00.002+02:002018-10-03T08:11:35.555+02:005 anni dopo, nulla è cambiato<h3 class="post-title entry-title" itemprop="name" style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0.75em 0px 0px; position: relative; text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">
Ripubblico, a distanza di 5 anni, lo stesso post che pubblicai, a caldo, la mattina del </span>3 <span style="caret-color: rgb(75, 75, 75);">ottobre</span> 2013<span style="font-weight: normal;">, quando avvenne questa tragedia.</span></span></span></h3>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">Il tempo ci ha poi permesso di conoscere meglio le dinamiche dell'accaduto e soprattutto, purtroppo, di contare le vittime.</span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">368 persone annegate i cui corpi sono stati recuperati, 20 probabili dispersi e 155 sopravvissuti (di cui 41 minori).</span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">Tutti cittadini eritrei (ad eccezione di 6 etiopi).</span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">Tra i morti, 89 donne e 9 bambini.</span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">E' uno dei tributi che un pezzo dell'umanità, sempre lo stesso, paga ad un mondo sempre meno uguale e sempre più cieco.</span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;"><br /></span></span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="font-weight: normal;">Lo ripubblico integralmente </span></span></span><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , "geneva" , sans-serif;"><span style="caret-color: rgb(75, 75, 75);">perché, guardando, bene, in 5 anni, nulla è cambiato.</span></span></div>
<h3 class="post-title entry-title" itemprop="name" style="caret-color: rgb(75, 75, 75); color: #4b4b4b; font-family: Verdana, Geneva, sans-serif; font-size: 30px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0.75em 0px 0px; position: relative;">
<a href="http://www.sancara.org/2013/10/ora-basta-la-colpa-e-nostra.html" style="color: #6fa8dc; text-decoration: none;">Ora basta! La colpa è nostra.</a></h3>
<div class="post-header" style="caret-color: rgb(75, 75, 75); color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 12px; line-height: 1.6; margin: 0px 0px 1.5em;">
<div class="post-header-line-1">
</div>
</div>
<div class="post-body entry-content" id="post-body-6831342159170782586" itemprop="description articleBody" style="caret-color: rgb(75, 75, 75); line-height: 1.4; position: relative; width: 920px;">
<div style="text-align: start;">
<span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , sans-serif; font-size: 13.199999809265137px;">L'ennesima strage di disperati. Oggi a Lampedusa, ieri a Scicli e prima ancora nel Canale di Otranto. <b>Disperati, perchè chiamarli immigrati significa dare loro una dignità, che non hanno.</b> La dignità di chi, come fu per noi italiani, pensa di migliorare la propria vita (molti ci riuscirono) lavorando, magari duramente, ove il lavoro non è un miraggio.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Queste persone no. Molte fuggono dalla guerra, dalla miseria, dalla violenza ben sapendo che dove andranno non vi sarà il paradiso, bensì lo sfruttamento, una miseria diversa e spesso anche la morte. Nonostante tutto mettersi nelle mani di banditi, di criminali senza scrupoli spesso protetti, affrontare un viaggio disumano, essere detenuti in quelli che chiamiamo ironicamente "centri di accoglienza" e finire per essere clandestini è ancora meglio che restare.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><b>Non vi è giustificazione alcuna per stare a guardare.</b> <b>Quei morti devono urlare, devono destare le coscienze assopite di troppi di noi, </b>distratti dalle beghe giudiziarie di un politico miliardario, dalle liti per accaparrarsi un posto in Parlamento, dall'ultimo infortunio di un calciatore strapagato o dalle bizzarrie di una show-girl capricciosa.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="-webkit-box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.0980392) 1px 1px 5px; background-color: white; border: 1px solid rgb(240, 240, 240); box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.0980392) 1px 1px 5px; color: black; float: left; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; padding: 5px; position: relative; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnqvuhzvQcRY2fdUzd4Zixqle0bQ7qLHi6xwbAWJFfWoIWbE0gC5CgaQajJ-Xb94i-2LrOtDsNqz-75-YUTF7qGHY2oyt8GAzH_7ExZ2Z-4khZ_RReICVE-MmxJGExKpGAkpcF2Bps-g88/s1600/morti-tunisi-si-notino-le-scarpe-griffate-a-suo-tempo-notate-dai-leghisti.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; color: #6fa8dc; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-decoration: none;"><img border="0" height="214" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnqvuhzvQcRY2fdUzd4Zixqle0bQ7qLHi6xwbAWJFfWoIWbE0gC5CgaQajJ-Xb94i-2LrOtDsNqz-75-YUTF7qGHY2oyt8GAzH_7ExZ2Z-4khZ_RReICVE-MmxJGExKpGAkpcF2Bps-g88/s320/morti-tunisi-si-notino-le-scarpe-griffate-a-suo-tempo-notate-dai-leghisti.jpg" style="-webkit-box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.0980392) 0px 0px 0px; background-color: transparent; border: none; box-shadow: rgba(0, 0, 0, 0.0980392) 0px 0px 0px; padding: 0px; position: relative;" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12px; text-align: center;">foto dalla rete</td></tr>
</tbody></table>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Le responsabilità di questi morti è tutta nostra.</span></b></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"></span><br />
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"></span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Nostre sono state le politiche coloniali in questi paesi, che li hanno depredati. Nostri sono stati gli appoggi a dittatori e criminali di ogni sorte, che oltre ad arricchire se stessi, hanno sempre fatto i nostri interessi. Nostre sono state le politiche economiche e monetarie che hanno fatto crescere il debito pubblico oltre ogni controllo. Nostre sono le complicità nell'assassinare le poche menti illuminate che potevano cambiare, veramente, le sorti di quei paesi. Nostri sono i capitali delle multinazionali che sfruttano il sottosuolo, le risorse e gli uomini in quei paesi. Nostre sono le armi che che tengono in piedi sanguinosi conflitti. Nostre sono state le politiche delle sviluppo, che hanno prodotto di tutto fuorchè un miglioramento della vita reale della gente. Nostra è quella Comunità Internazionale, incapace di prevenire o gestire le crisi che continuamente si ripetono. Nostri sono i soldi sporchi del sangue di donne, uomini e bambini versato per soddisfare i nostri capricci. Nostri sono gli uomini che comprano minuti di piacere da giovani prostitute sfruttate dal racket della tratta di essere umani. Nostre sono le politiche sull'immigrazione fatte con i piedi e non con la testa. Nostre sono le responsabilità quando non ci indignamo con forza a fronte di dichiarazioni razziste e xenofobe.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Queste morti, ha ragione Papa Francesco, sono una vergogna. Una vergogna per tutti noi, sono un pugno allo stomaco, sono il frutto della nostra inazione, del nostro torpore.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Abbiamo permesso per troppi anni che le politiche sull'immigrazione fossero centrate solo sul contenimento. Come se fosse possibile fermare l'acqua con un sacchetto di sabbia. Abbiamo ignorato che la Somalia è da 20 anni senza un governo, che in Etiopia ed Eritrea si muore di fame, che nella Repubblica Democratica del Congo vengono stuprate migliaia di donne al giorno, che in Nigeria a causa del "nostro" petrolio abbiamo distrutto un ecosistema unico al mondo, che in Siria prima ancora che per il gas, la gente moriva per una guerra sanguinosa, che in Libia dopo le bombe serviva dell'altro o che il Sahel non ha più acqua.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="font-size: 13.199999809265137px; text-align: start;">
<span style="font-family: "arial" , "tahoma" , "helvetica" , "freesans" , sans-serif;"><span style="background-color: white;">,</span></span><span style="color: #4b4b4b; font-family: "verdana" , sans-serif;">Provate a chiudere gli occhi. Immaginatevi si essere da giorni in un barcone affollato, come quello della foto, dove perfino respirare è difficile. Immaginate di essere quasi a terra e che qualcuno vi spinga in acqua. Voi non sapete nuotare. Eppure vi spingono, perchè la vostra vita valeva qualcosa solo prima del viaggio.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Questo accade, ogni giorno. Questo accadeva agli schiavi secoli fa, durante la tratta, in più vi erano solo le catene.</span></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="color: #4b4b4b; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.199999809265137px; text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ora immaginate che sulla barca vi siano i vostri figli, i vostri mariti, le vostre mogli e che il colore della pelle non sia nera, ma bianca. Cambierebbe qualcosa?</span></div>
</div>
<br class="Apple-interchange-newline" />Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-83151191806235590892018-09-07T08:18:00.000+02:002018-09-07T16:08:07.582+02:00La Cina in Africa<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ZvOvkNM9DlaQ9Rz83rS1W8ytHoLsVJTEaCXIxOCxJzNx-qQwWI_fjc_25efHXJyWOFVYpaw7uKzMZw-0OUJ27cn2dfD8RX-j4gW_P9Hbu4MbRqkvxleQTzch7LE9VnILWWjkgwes6BN4/s1600/3734b1b6f9bf392158e41c997fb38999.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="350" data-original-width="700" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-ZvOvkNM9DlaQ9Rz83rS1W8ytHoLsVJTEaCXIxOCxJzNx-qQwWI_fjc_25efHXJyWOFVYpaw7uKzMZw-0OUJ27cn2dfD8RX-j4gW_P9Hbu4MbRqkvxleQTzch7LE9VnILWWjkgwes6BN4/s400/3734b1b6f9bf392158e41c997fb38999.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ha destato grande interesse, e discussione, l'annuncio recente del Presidente Xi Jinping, di un nuovo e massiccio investimento cinese in Africa. Nel corso del terzo Forum della Cooperazione Cino-Africana, dove - udite udite - erano presenti i capi di stato o di governo di 53 dei 54 stati africani. Mancava solo lo Swaziland, che recentemente ha riadottato il nome Regno di e-Swatini, poiché è ancora l'unico ad avere relazioni diplomatiche con Taiwan, come imposto dai paesi europei ex-colonizzatori.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Qualcuno dirà certo, erano tutti li solo per ricevere soldi. In effetti nessuno (nemmeno la Banca Monetaria e il Fondo Monetario), nemmeno ai tempi delle grandi elargizioni di denaro senza nessuna garanzia di restituzione, era riuscito a trovare un così ampio consenso.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtp74LOmyxXOUI8UkDUUeOQD0dVx5JSOLVWQuw7RStLKPb2xNrls2XegXpZteyUu46eUp9oosCmoNhdjy-B-Jo5f3Vrv2snjuuikxnPWaeWjXiVVtH4fZiZIJE5bz4OnBxAtn3JdTX4cgI/s1600/cina-ha-bisogno-dellafrica-come-lafrica-ha-bisogno-della-cina.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="264" data-original-width="620" height="170" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtp74LOmyxXOUI8UkDUUeOQD0dVx5JSOLVWQuw7RStLKPb2xNrls2XegXpZteyUu46eUp9oosCmoNhdjy-B-Jo5f3Vrv2snjuuikxnPWaeWjXiVVtH4fZiZIJE5bz4OnBxAtn3JdTX4cgI/s400/cina-ha-bisogno-dellafrica-come-lafrica-ha-bisogno-della-cina.jpg" width="400" /></a><span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Che la Cina da decenni (a partire dagli anni '80, per la precisione) abbia investito in Africa non è un mistero. Un investimento che è cresciuto in modo esponenziale, grazie anche alla storica (e se volete discutibile) posizione della diplomazia cinese di non ingerenza negli affari interni.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Il risultato è che già a partire dal 2014 la Cina è il primo partner commerciale dell'Africa. Africa che a detta degli analisti, oltre ad essere una miniera a cielo aperto, è l'unico grande mercato per il futuro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">I nuovi 60 miliardi di dollari messi sul piatto dalla Cina (cifra analoga a quella investita nel 2015) - differenziati tra linea di credito, aiuti e prestiti a zero interessi (è bene ricordare che quando il il Fondo Monetario negli anni '70 elargì prestiti a fiumi ai paesi africani, il problema maggiore furono poi gli interessi sul debito - potete vedere <a href="http://www.sancara.org/2010/11/il-debito-del-terzo-mondo-uneredita-del.html">questo post di Sancara</a>), fondi per lo sviluppo e per i progetti di finanza (investimenti di privati con partecipazione pubblica) e infrastrutture.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">E' chiaro che la Cina non è la Caritas! I cinesi non sborsano nemmeno uno yuan senza sperare in un guadagno!</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Le aziende cinesi hanno aperto cantieri ovunque in Africa per costruire rotaie, strade, dighe, stadi, edifici e altro. Sono stati costruiti quasi 6000 chilometri di ferrovie, oltre 4500 chilometri di autostrade, 9 porti, 14 aeroporti, 34 centrali elettriche, oltre un migliaio di piccole centrali idroelettriche e 100 zone industriali.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Quest'ultimo aspetto (naturalmente legato alle infrastrutture) è quello determinante per il futuro.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Recentemente uno studio effettuato dalla Harvard University (su cui è stato pubblicato un libro) dedicato agli investimenti cinesi in Africa oltre ad evidenziare la produzione africana (ad esempio camion, condizionatori, frigoriferi e televisori) legata agli investimenti cinesi ipotizza un futuro in cui l'Africa comincia a fabbricare prodotti complessi e formare, anche grazie ai cinesi, esperiti in ambito della tecnologia, diventando <b>la fabbrica mondiale del futuro</b>. Fantascienza? Vedremo.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Intanto da parte Occidentale si registra solo irritazione (ed invidia). Le critiche, apparentemente sensate, fanno leva sul neo-colonialismo cinese (che detto da chi possedeva tutta l'Africa, fa almeno sorridere), sui rapporti con feroci dittatori (l'Africa è anche fatta di giovani e fragili democrazie e comunque, molti dei dittatori passati e futuri sono stati messi lì proprio da quelli che criticano) e sul fatto che l'Africa è ancora un luogo "dove tribù si affrontano mortalmente tra di loro" (che sinceramente rappresenta un immagine dell'Africa quanto mai lontana dalla realtà).</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Insomma, come ha avuto modo di scrivere già quasi 10 anni fa, l'economista zambiana Dambisa Moyo nel suo <i><a href="http://www.sancara.org/2012/08/libri-la-carita-che-uccide.html">La carità che uccide</a>, </i>una aspra critica al sistema degli aiuti, "<i>Nessuno può negare che la presenza della Cina in Africa sia motivata dal petrolio, dall'oro, dal rame e quant'altro è nascosto nel sottosuolo, ma dire che l'africano medio non ne trae alcun vantaggio è una falsità, e i critici lo sanno</i>!"</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;">Ecco che allora l'irritazione occidentale (Stati Uniti e paesi ex-coloni in testa) suona perlomeno sinistra. In un momento storico in cui l'Europa sembra vedere l'Africa più come un problema che come una risorsa, l'intervento cinese pone ancora una volta l'accento sulla scarsa lungimiranza della piccola politica europea.</span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span></div>
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<span style="font-family: "verdana" , sans-serif;"><br /></span>Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-9083299596662881974.post-6671519462776753992018-08-19T11:47:00.004+02:002018-08-19T11:47:58.491+02:00Muore Kofi Annan, con molti rimpianti<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Si spento in Svizzera, a Berna, ad 80 anni, <b>Kofi Atta Annan</b>, ghanese, che fu dal <b>1 gennaio 1997 al 31 dicembre 2006 Segretario Generale delle Nazioni Unite</b>. Fu il secondo africano a ricoprire questa carica (dopo l'egiziano Boutros Boutros Ghali) e il primo di pelle nera. Nel <b>2001 fu Premio Nobel</b> per la Pace assieme alle Nazioni Unite.</span></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmmfLipF2ByVPNMgnoEGZOMC5O_dd2O4fGBw8MHg5xHQXUJKbku4z27LEZei0fqnwyIN-7L3ad-9aM5UmWoZJ0OM-Tx9MYiy8PuMx3fmUF6re_r7DT-iBW9E3RAkdfE4f9nRiKPzaZBIFR/s1600/45127979_303.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="394" data-original-width="700" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhmmfLipF2ByVPNMgnoEGZOMC5O_dd2O4fGBw8MHg5xHQXUJKbku4z27LEZei0fqnwyIN-7L3ad-9aM5UmWoZJ0OM-Tx9MYiy8PuMx3fmUF6re_r7DT-iBW9E3RAkdfE4f9nRiKPzaZBIFR/s400/45127979_303.jpg" width="400" /></a></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Figlio di una famiglia aristocratica Ashanti, studiò nella sua città natale (era nato nel 1938), Kumasi, poi negli Stati Uniti (in Minnesota) e infine in Svizzera. Una vita intera , a partire dal <b>1962</b>, passata lavorando per le organizzazioni internazionali del sistema delle Nazioni Unite. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L'OMS (Organizzazione della Sanità Mondiale) prima, poi UNHCR (Agenzia per i Rifugiati) e infine le Nazioni Unite, dove ha ricoperto vari incarichi fino a quello di Segretario Generale.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Fu a capo delle Missioni di Pace ONU (DPKO) dal <b>marzo 1993 al Dicembre 1996</b>, gli anni peggiori per il <i>Peacekeeping</i>. Furono gli anni del fallimento Somalo (fine 1993), del <a href="http://www.sancara.org/2014/04/quando-iniziarono-quei-cento-giorni.html">genocidio del Ruanda</a> (aprile 1994) e del genocidio di Srebrenica (1995). Insomma anni che hanno segnato profondamente la geopolitica mondiale e di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Quello del genocidio del Ruanda è stata una macchia che Kofi Annan, ha portato, come un fardello, per tutta la sua vita. Quando il comandante canadese della Forza ONU in Ruanda, il generale Romeo Dallaire, scrisse al quartier generale ONU, ben tre mesi prima del genocidio un telegramma che anticipava il massacro, fu proprio Kofi Annan ad opporsi ad una azione preventiva.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Fu lo stesso Kofi Annan, 10 anni dopo ad ammettere "<i>Avrei potuto e dovuto fare di più. Il ricordo doloroso del Ruanda, con quello della Bosnia, ha molto influito sulle mie azioni successive</i>".</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Certo non si può scaricare tutte le colpe sul diplomatico ghanese (che a scanso di equivoci non era al tempo Segretario Generale) o ridurre il suo grande contributo alla diplomazia internazionale e al nuovo corso delle Nazioni Unite. Come ebbe modo di affermare lo stesso Dallaire "<i>Certo la mia missione è sicuramente fallita ma, è stata la missione dell'intera Umanità a fallire miseramente in Ruanda</i>".</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sicuramente Kofi Annan è stato un uomo importante per il continente africano che ha contribuito a far crescere il peso dell'Africa (ancora non proporzionato alle sue risorse e al suo spessore economico) all'interno della diplomazia mondiale.</span></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
Gianfranco Della Vallehttp://www.blogger.com/profile/11804707729666265077noreply@blogger.com1