mercoledì 5 gennaio 2011

Libri: L'anno in cui non siamo stati da nessuna parte

L'anno in cui non siamo stati da nessuna parte, ovvero il diario di Ernesto "Che" Guevara in Africa, è uno degli aspetti della vita di Guevara meno conosciuto. Il libro edito in Italia nel 1994 dalla casa editrice Ponte alle Grazie (nella foto l'edizione del 1996 di Teadue) è il frutto di un lavoro curato da Paco Ignacio Taibo II, Froilan Escobar e Felix Guerra.
Che Guevara aveva annotato, nei primi mesi del 1966 e come era sua abitudine, in oltre 150 pagine scritte a mano, l'esperienza congolese. Il diario non fu mai pubblicato e solo agli inizi degli anni '90 fu ripreso dai suoi ex-compagni.

E' un libro che descrive, a volte nei dettagli e attraverso svariate voci di protagonisti, la lotta ad oltranza contro gli oppressori di Ernesto Che Guevara. Un uomo che non si tirava indietro e nonostante la sconfitta sapeva trarre insegnamenti utili al servizio del suo inquieto animo rivoluzionario.


Il 17 dicembre 1964, Ernesto Guevara, allora Ministro dell'Industria di Cuba parlò alle Nazioni Unite a New York e subito dopo volò ad Algeri dove incontrò Franz Fanon (figura di spicco del movimento rivoluzionario africano) a cui disse "l'Africa non rappresenta soltanto un campo di battaglia, ma il più importante...". Fino al 14 marzo 1965 Che Guevara viaggiò in Africa (Mali, Congo francese -dove incontrò Agostinho Neto -, Guinea, Ghana, Dahomey, Tanzania e Repubblica Araba Unita) e nel mezzo si recò 8 giorni in Cina dove incontrò Mao e Chu En Lai. Poco dopo il suo rientro a Cuba, Guevara scomparve. Si susseguirono le voci più strane: morto e seppellito a Cuba, rinchiuso in un'ospedale psichiatrico a l'Avana, in carcere dopo contrasti con Fidel, assassinato durante una lite con Fidel. In realtà, in accordo con Fidel, Che Guevara si recò, tra fine marzo e aprile del 1965 e per tutto il 1965, a comandandere il gruppo cubano di appoggio ai guerriglieri congololesi, che a seguito dell'assassinio di Patrick Lumumba (17 gennaio 1961) , combattevano contro il regime di Kasavubu, Mobutu (che il 25 novembre 1965 con un golpe doventerà il dittattore africano paladino dell'anticomunismo in Africa) e Ciombè. L'esperienza in Congo fu fallimentare. Alla fine del 1965 i cubani furono costretti a ritirarsi sconfitti militarmente e incapaci di innescare quel processo rivoluzionario che speravano e che avevano pianificato. Che Guevara, in una lettera a Fidel Castro, commentava amaramente che in Congo "vi sono troppi uomini armati e nessun soldato" e sul comandante congolese Laurent Desirè Kabila, padre dell'attuale presidente della Repubblica Democratica del Congo, (che trenta anni dopo, nel 1997 riuscì a defenestrare Mobutu oramai privo di protezioni e che fu assassinato nel 2001), che poco si vedeva sul campo di battaglia, scrisse "conosco Kabila quanto basta per non farmi illusioni su di lui". Di Che Guevara si ebbero notizie solo a metà del 1967 quando fu dato in Bolivia a guidare la rivoluzione (e dove morì l'8 ottobre 1967 a 39 anni). Dopo la sua morte furono ricostruiti i suoi spostamenti ma il 1965 rimase un mistero fino al 1990, quando Fidel Castro, durante un'intervista del giornalista italiano Gianni Minà, confermò in modo definitivo la presenza di Ernesto in Congo nel 1965.

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