venerdì 17 dicembre 2010

Popoli d'Africa: Khoi Khoi

I Khoi Khoi o Khoekhoen (letteralmente "uomini veri") sono un gruppo etnico della famiglia dei Khoisan (l'altro gruppo è costiituito dai boscimani o san, con i quali hanno tratti culturali e linguistici simili) che abitano il sud ovest dell'Africa (Sudafrica, Namibia e Botswana).
Si definiscono "uomini veri" in quanto posseggono animali domestici, per differenziarsi dai San che non li posseggono.
Presenti nel territorio fin dal V° secolo a.c., sin dall'inizio della colonizzazione europea (1632, olandesi) i Khoi entrarono in conflitto con i "nuovi arrivati", inoltre da quel periodo iniziarono a dedicarsi alla pastorizia, allevando gli animali che razziavano agli olandesi. Sono chiamati anche Ottentotti (nome coniato dagli olandesi e che deriva dal termine "balbuzziente") per una loro caratteristica modalità linguistica, in quanto pronunciano alcune consonanti con un suono simile ad un "clic".
Oggi il gruppo più diffuso della famiglia Khoi è costituito dai Nama o Namaqua (per taluni identificati di fatto con gli stessi Khoi Khoi).
Nel periodo tra il 1904 e il 1907 i Nama furono coinvolti in quello che è definito il genocidio degli Herero (altra popolazione dell'area), quando i tedeschi che avevano colonizzato l'attuale Namibia, sterminarono il 50% dei Nama che erano alleati degli Herero.
Sono pastrori nomadi, che raccolgono legna per il fuoco e miele selvatico. Sono esili e di piccola statura. Sono abili artigiani, lavorano la pelle, fanno tappeti e gioielli, producano ottimi strumenti musicali, tra i quali i flauti. La loro musica e la loro cultura è tramandata oralmente, così come i proverbi di cui sono ricchi.

Un buon approfondimento sulla storia dei Khoi è dato da questo articolo di Andrew Smith, del dipartimento di archeologia dell'Università di Cape Town, tratto da Science in Africa oppure dal sito Khoisan.org.

Di etnia Khoi era Saartjie Bartman, meglio conosciuta come Venere Ottentotta. Saartjie era una giovane khoi (alta 1 metro e 35), che fu assunta come serva dalla famiglia Bartman (coltivatori olandesi vicino a Cape Town) e chiamata da loro Saartjie (piccola Sara, si pronuncia Sarkey). Ella aveva delle caretteristiche (comuni tra la sua etnia), ovvero delle natiche prominentissime e rialzate e delle piccole labbra particolarmente sviluppate (8-10 centimetri), che stuzzicavano morbosamente la curiosità europea. Fu portata infatti a Londra, nel 1810, dal fratello del padrone ed esposta a pagamento come mostro da baraccone (dove appariva legata da catene e camminava a quattro zampe). Si sposò ed ebbe due figli, secondo alcune testimonianze dell'epoca lei continuava ad affermare di farlo volontariamente e per denaro, probabilmente un falso che serviva a tenere a bada gli anti-schiavisti dell'epoca. Dopo tre anni e mezzo a Londra, fu venduta ad un addestratore di animali a Parigi, che la esibì per 15 mesi propagandandone natiche e piccole labbra. Posò nuda per ritratti e fu esaminata da studiosi e scienziati dell'epoca. Poi, si ammalò e fu abbandonata. Morì nel dicembre 1815, a 27 anni, di tubercolosi, polmonite e sifilide. Quel che avvenne dopo, contribuisce a rendere macabra questa storia che è già orribile.
Il suo corpo fu sezionato ed esaminato da uno dei più importanti scienziati dell'epoca, George Cuvier (sostenitore della disuguaglianza tra le razze), che alla fine pose il suo cervello e la sua vagina in formalina. Tali "cimeli" furono esposti al Museo dell'Uomo di Parigi. Restarano lì fino al 1974, quando grazie alla pressione di un gruppo di donne francesi, questa abominevole esposizione fu sospesa. Si dovette aspettare il 2002, quando alla fine di una lunga vicenda il Parlamento francese approvò una legge che restituì i resti di Saartjie al Sudafrica. Nelson Mandela, che aveva fortemente spinto, sin dalla sua elezione a presidente del Sudafrica nel 1994, per la restituzione dei resti della sfortunata boscimana, volle che in una giornata di agosto del 2002 fossero concessi alla Signora Saartjie Bartman, gli onori dei funerali di stato. I suoi resti riposano su di una collina nella città di Hankey, protetta dagli sguardi indiscreti con una alta cancellata in ferro.


A suo nome è stato creato il Saartjie Bartman Centre, che si occupa della violenza sulle donne e sui bambini.

La vicenda della Venere ottentotta è narrata nel film, presentato all'ultima mostra del cinema di Venezia del regista tunisino-francese Abdellatif Kechiche, intotolato "Venere Nera".
Inoltre nello spettacolo (oltre che nel libro) sul razzismo del giornalista Gian Antonio Stella (che consiglio vivamente a tutti di vedere) viene narrata la vicenda di Saartjie Bartman.



3 commenti:

lucianodd ha detto...

ho AVUTO l'esperienza di aver lavorato per 10 anni in un centro di primaaccoglienza erano tutti dall'africa richiedenti asilio politico.voglio solo dirvi che questo popolo mi ha dato molto per la loro semplicita',(per me è la piu bella cosa)la musica e l'amore e il rispetto per la natura e ttante altre cose grazie

Gianfranco Della Valle ha detto...

Grazie per la tua testimonianza che conferma ancora una volta come la semplicità sia un elemento di pregio soprattutto nelle relazioni umane. Così come i suoni e il contatto con la natura sono opportunità che noi, nella vita quotidiana, abbiamo messo molto da parte.
Ancora grazie e ciao
Gianfranco

Erica ha detto...

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