martedì 19 ottobre 2010

Il sangue verde.

Ieri sera ho avuto l'occasione, nell'ambito delle iniziative della Giornata Europea contro la Tratta di Esseri Umani *, di vedere il film di Andrea Segre sui fatti di Rosarno del gennaio 2010. Un documentario, "Il sangue verde", che non lascia indifferenti e che colpisce dritto allo stomaco.
La storia è quella tristemente nota, avvenuta nel gennaio 2010, in cui i braccianti agricoli (immigrati africani), addetti alla raccolta delle arance e che vivevano in condizioni disumane nella città di Rosarno, si ribellarono alla loro sorte di "dannati della terra". Protestarono, si scontrarono con la popolazione locale e infine furono letteralmente "deportati" in altri luoghi. Furuno alla fine 1128 gli immigrati, di 26 diverse nazionalità africane, ad essere trasferiti in modo coatto. Poichè siamo in Calabria, in un contesto produttivo, la mano della ndrangheta avvolge, complica, determina e condiziona ogni azione.
Sulla vicenda vi rimando ad alcuni documenti come un articolo del Corriere delle Sera di quei giorni, questo articolo di Luca Falcone, l'articolo su Rai News24 , il resoconto della polizia o alla rete in cui si possono trovare analisi e resoconti di ogni tipo.

Il film è un percorso tra il narrato di molti dei protagonisti, che raccontano la loro storia, la fuga dal loro paese d'origine, il loro sfruttamento, la ribellione e il dopo Rosarno. Le loro storie si intrecciano, da un punto di vista delle immagini, con quelle dei braccianti agricoli di metà del secolo scorso, sfruttati e oppressi (e che oggi forse sono i proprietari terrieri). A seguire questo percorso storico e umano è l'ex sindaco di Rosarno, Peppino Lavorato.

Rosarno è una cittadina di circa 15.000 abitanti situata nella Piana di Gioia Tauro (detta anche piana di Rosarno), dove si coltivano agrumi (arance in particolare) e olivi. Rosarno è conosciuta per due episodi. Il primo quello di essere sede di uno (purtroppo dei tanti) ospedali costriuiti e mai entrati in funzione. Infatti nel 1967 l'allora Ministro dei Lavori Pubblici , il socialista cosentino Giacomo Mancini, inaugurò i cantieri dell'Ospedale (finanziato con 346 milioni di lire della Cassa del Mezzogiorno) che doveva diventare un gioiello della sanità calabrese.L 'opera fu conclusa nel 1991 (ovvero dopo 24 anni) e da allora non è mai stato utilizzato. Agli inizi degli anni 2000, e per molti anni, è stato il luogo dove vivevano i braccianti immigrati. Oggi vi trovano rifugio pecore e cavalli. L'altro episodio, ancora più grave, è del 11 giugno 1980 quando fu ucciso dalla ndrangheta il giovane professore, e segretario della locale sezione del PCI, Giuseppe Valarioti (che peraltro morì tra le braccia di Peppino Lavorato). Il PCI aveva appena vinto le elezioni amministrative.
Secondo alcuni Rosarno è tra i comuni d'Italia a più alta infiltrazione mafiosa.

Alcune considerazioni sul documentario credo siano opportune.
E' netta l'impressione di una non totale consapevolezza del fenomeno mafia da parte degli immigrati africani. La loro ribellione avviene contro delle condizioni di lavoro (e di vita) disumane e di sfruttamento umano ed economico (tale impressione è stata confermata anche dalle due testimonianze in sala dei protagonisti, nel successivo dibattito).
E chiara l'assenza (quando non la complicità) dello stato, in tutte le sue diramazioni, in questa vicenda. Del resto risulta difficilmente credibile che politica, forze dell'ordine e sindacati non fossero al corrente delle condizioni di vita e di lavoro degli africani, che costituivano circa il 10% della popolazione residente a Rosarno.
E' evidente lo spostamento di immigrati dal Nord al Sud del Paese, dovuto alla crisi economica che soprattutto nel nord Italia ha decimato le piccole aziende e di conseguenza i posti di lavoro. Questo fattore ha peggiorato le già pessime condizioni di lavoro dei braccianti e dato forza a chi sfruttava (e continua a sfruttare) questi lavoratori richiamati dalla necessità di sopravvivere.
E' complicata la comprensione del progetto migratorio che è a monte di queste persone. Le tipologie sono diverse: chi scappa da una guerra (e che avrebbe diritto a tutte le protezioni previste dai codici internazionali), chi fugge da una dittattura, chi cerca una vita migliore, chi spera di ritornare a casa. Tutti accomunati da una comune miseria ma differenti per culture vissuti e lingue.
E' preoccupante la reazione del mondo politico, che in parte viene vista nel film, tendente a colpevolizzare l'immigrato, a continuare nell'assurdo e demagogico ritornello dell'immigrazione come equivalente di criminalità, a confondere le idee ai cittadini (ad esempio affermando prima che a Rosarno erano tutti clandestini, per poi essere regolarmente smentiti dai fatti), ad essere irresponsabilmente complici degli sfruttatori.

Vi è infine un elemento che manca nel film. Ed è Rosarno. Sono i 15 mila cittadini della cittadina calabra che mi rifiuto di pensare siano tutti mafiosi e complici, tutti indifferenti e razzisti. Il regista nel suoi blog pubblica questa lettera aperta che evidenzia le contraddizioni , le ragioni e le difficoltà della popolazione di Rosarno.
Non vi sono su Rosarno - come qualcuno ha tentato di dire - due verità. Vi è un'unica triste e complessa realtà vista e vissuta con occhi diversi.

L'immigrazione è un fenomeno che accompagna il genere umano e che non si può arrestare. Si scappa dalle guerre, si fugge dalla miseria, ma si migra anche, e soprattutto, alla ricerca di una vita migliore, ovunque si immagini vi siano maggiori possibilità. Gli italiani hanno una lunga storia di migrazioni. Nelle miniere di carbone del Belgio e della Germania, le condizioni di vita e di lavoro non erano tanto migliori di quelle di Rosarno. I tedeschi non amavano gli italiani, anzi li disprezzavano. Gli americani hanno discriminato per decenni gli italiani. Ovunque nel mondo gli italiani facevano i lavori più umili.

Oggi noi possiamo (e dobbiamo) solo conoscere il fenomeno e farlo conoscere, vigilare sulle derive criminali (interne ed esterne) e intervenire, anche duramente, quando è necessario, tutelare i più deboli e favorire l'integrazione e gli scambi reciproci, nel rispetto delle comunità locali e delle tradizioni. Serve quello che con un termine tecnico di chiama governance e con una nobile, e antica, terminologia si chiama Politica (non questo ignobile teatrino di quattro deficienti).


* Le iniziative della Giornata Europea contro la Tratta degli Esseri Umani, erano organizzate dal Servizio Anti-Tratta, del Comune di Venezia, una delle più avanzate realtà italiane.




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